Riflettendo sulla atavica “Questione Meridionale”.

di Lorenzo Fascì

Della “Questione Meridionale” da troppo tempo non se parla più perché non ci sono più o comunque non  hanno più voce sociale gli intellettuali meridionalisti. Non se ne parla più perché non c’è più il P.C.I.

Ma è una questione che esiste anzi semmai in questi anni si è aggravata.

Ad esempio:

Le migliaia di studenti e lavoratori emigrati per ragioni di studio o di lavoro (insegnanti, medici, lavoratori della mobilità, lavoratori in generale) vorrebbero ritornare a trascorrere le festività natalizie con i familiari rimasti in Calabria e nel Sud in generale.

E invece no. Non è possibile.

Le società proprietarie dei grandi mezzi di comunicazione (treni e aerei) in prossimità delle festività natalizie, aumentano i costi dei biglietti in maniera vergognosa, insopportabile per le tasche di lavoratori e studenti. Ma lo  stato (in minuscolo di proposito) dov’è? Perché non calmiera i prezzi? Perché non impone a RFI e compagnie aerei di tenere i costi calmierati?

È una vergogna che ormai dura da anni senza che nessuno ci metta mano.

Credo che sia ora di alzare una voce forte, civile ma  decisa e tale da obbligare il governo ad adottare i giusti provvedimenti.

Per esempio il ministro dei trasporti se ne potrebbe occupare. Capisco che impegnato a comprare i mattoni per il Ponte sullo Stretto, ma contemporaneamente potrebbe anche pensare ai meridionali che pur italiani sono!

È un compito però che dobbiamo mettere nel primo rigo dell’agenda anche come opposizione, come organizzazioni di sinistra. Le opposizioni negli ultimi anni non sono riusciti ad alzare un argine idoneo.

Non è sufficiente.

Dobbiamo essere più capaci di delineare il progetto politico che guardi alla questione meridionale come tema centrale e di dimensioni nazionali.

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