Paralisi. Qualche riflessione sulla discussione che ha suscitato nei social l’annuncio della nascita del PCUP

Di Gianni Favaro

Qualche giorno fa abbiamo pubblicato la notizia che il 24 e 25 gennaio 2026, dopo un lavoro unitario di anni tra molte associazioni e comitati e non senza grandi difficoltà, daremo vita al Partito Comunista di Unità Popolare.  Sapevamo che la notizia avrebbe innescato alcune considerazioni e molte domande. Siamo pronti a discutere, spiegare le ragioni della nostra decisione e al tempo stesso, però, siamo determinati a procedere nel nostro obiettivo.

La domanda più frequente è: “ancora un altro partitino Comunista? Non era meglio sostenere e rafforzare quelli esistenti?” E’ una domanda che, secondo noi, evade il problema che ha il movimento comunista italiano. Infatti, la domanda giusta dovrebbe essere: perché partiti comunisti come il Prc o il PCI o ancora il PC, quelli cioè più ancorati alla storia del movimento comunista italiano, da anni continuano a perdere iscritti? Perché non sono in grado di essere attraenti?  Perché subiscono un costante declino, non solo elettorale, anche di militanza? Da cosa deriva? Questa è secondo noi la domanda giusta da farsi.

Il loro declino deriva sicuramente da molti fattori anche legati alla fase storica particolarmente difficile nel nostro Paese e non certamente imputabili a responsabilità dirette dei gruppi dirigenti. Deriva, però, anche da scelte politiche sbagliate come, ad esempio, per il PRC nella sua collocazione internazionale (né con Putin né con Zelesky) o nella ambiguità riguardo il rapporto (a volte) subalterno con le forze della sinistra neoliberista come nel caso del PCI, oppure, peggio ancora, nella commistione con la destra parafascista del PC (quando era diretto in modo padronale da Rizzo).

Quindi, alla domanda “ancora un altro piccolo partito Comunista?”, occorre rispondere: si perché è necessario per scuotere la paralisi ideologica e progettuale che ha avvolto il movimento comunista italiano; movimento ingabbiato tra sterili arroccamenti o pericolose fughe in avanti dai contorni chiaroscuri o rosa pallido. Occorre rompere la stagnazione dei gruppi dirigenti e dei militanti che in questi ultimi anni, densi di cambiamenti sia nel quadro internazionale che nello sfacelo del nostro Paese, non sono stati capaci di promuovere una sola iniziativa unitaria di tutte le forze comuniste contro la Nato, contro la UE, contro il riarmo europeo, a sostegno degli scioperi e delle lotte sociali. Perché non lo hanno fatto? Questa è un’altra domanda interessante da farsi. La risposta è che sono paralizzati, sono bloccati dalle paure, dagli errori passati, incapaci di andare oltre sé stessi, ostili e non inclini all’unità. Nessun “entrismo” potrebbe cambiare la loro condizione.

C’è un Paese che lotta, magari silenziosamente con l’astensionismo al voto, che non sopporta più i teatrini delle finte sinistre e delle vere destre. C’è un Paese alla deriva, tradito e svenduto, ci sono milioni di lavoratori, contadini, artigiani, partite Iva in difficoltà sempre più poveri, abbiamo l’assalto alla sanità e alla scuola pubblica. Perché nonostante ciò i comunisti, i Partiti Comunisti, fino ad ora non hanno saputo essere dentro queste contraddizioni? Perché non sono alla guida di queste lotte? La risposta che proviamo a suggerire è: perché i gruppi dirigenti sono paralizzati, incapaci di aprire il proprio orizzonte politico, di avere una visione rivoluzionaria, di mettersi in gioco.

Noi decidendo di costituire il Partito Comunista di Unità Popolare, abbiamo scelto di rompere gli indugi, di scuotere tutti i comunisti dalla paralisi, di costruire un progetto politico fondato sulla volontà di non essere forza di opposizione ma forza di cambiamento. Noi, lo diciamo a chi prevede anche per noi misere percentuali di voto, non nasciamo con il cruccio elettorale noi nasciamo con il cruccio di unire prima di tutto i comunisti e anche il popolo, nasciamo per rovesciare questo stato di cose. Impossibile? Ecco, di nuovo, la paralisi che si fa strada. Non impossibile, certo difficile anzi difficilissimo ma se non ci provano i comunisti chi?

Noi consideriamo necessario sostenere e lavorare per la costruzione di un fronte ampio che abbia come obiettivo mandare a casa chi ci ha governato negli ultimi trent’anni e quello di governare l’Italia. Fronte che abbia al centro la fine della UE, lo scioglimento della Nato, e la liberazione dell’Italia da tutte le basi americane, che collochi l’Italia nel solco del multipolarismo promosso dai BRICS+, che promuova piani di sviluppo industriale per proteggere e sviluppare le nostre capacità e esperienze, che difenda e tuteli tutti lavoratori, che tagli le spese folli per le armi e tassi i super profitti di multinazionali e banche,  per favorire la salute, l’istruzione e il futuro delle giovani generazioni.

Noi abbiamo deciso di osare, abbiamo deciso di partire contro tutti i dubbi e le incertezze che pure ci accompagnano, contro tutti i buoni consigli di aspettare.  Abbiamo deciso di nascere ora perché questo è il tempo non si poteva più stare fermi, paralizzati in discussioni vuote e infinite. E’ un azzardo? Si, probabilmente, ma lo facciamo con lo stesso spirito e volontà rivoluzionaria di chi non fa calcoli ma decide di intervenire. Noi non siamo la ripetizione di errori, li conosciamo, li abbiamo studiati, noi siamo la novità, coloro che hanno la sfrontatezza e la certezza di riuscirci, di unire i comunisti e di unire il popolo.

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