Dalla Rivoluzione d’Ottobre la forza per la trasformazione sociale: UNITA’ DEI COMUNISTI!

Intervento integrale di Fosco Giannini, “Uniti per il Partito Comunista”, all’Assemblea pubblica di Roma dello scorso 8 novembre, promossa dalla Federazione PCI di Roma e tenutasi presso l’Associazione “Enrico Berlinguer”

Vorrei innanzitutto ringraziare, non retoricamente, non liturgicamente, non perché “così si fa”, le compagne e i compagni (a cominciare dalla compagna Elisabetta Nardini, alla quale esprimo la nostra totale solidarietà e alla quale vorrei che l’assemblea inviasse un grande applauso!) che hanno organizzato questa splendida iniziativa politica. Un’iniziativa importante poiché già nella sua forma organizzativa politica aperta ed unitaria evoca una delle questioni più importanti per l’intero movimento comunista e antimperialista italiano: l’unità, l’esigenza dell’unità!

Noi dobbiamo essere sempre fedeli al titolo, al tema del dibattito che ci propongono gli organizzatori dei convegni politici. Oggi il tema proposto è quello della Rivoluzione d’Ottobre e dell’unità dei comunisti. E su questo tema dobbiamo misurarci.

La Rivoluzione d’Ottobre è stato uno dei più grandi eventi della storia dell’intera umanità; l’Ottobre, per la prima volta nella storia, ha dimostrato che i rapporti di produzione capitalistici non sono eterni ed immutabili, che lo stesso capitalismo altro non è che uno stadio, superabile, e che sarà superato, della civiltà umana. L’Ottobre è la lezione più alta ed importante per l’intera storia del movimento comunista e rivoluzionario mondiale. Nello spazio temporale giustamente ristretto che ci è dato avere in quest’assemblea, possiamo mettere a fuoco due questioni dirimenti, due lezioni che l’Ottobre lascia in eredità al movimento comunista e rivoluzionario.

Prima lezione: l’Ottobre leninista è la ratifica storica della rottura, politica e filosofica, che il comunismo, il leninismo, attuano con il positivismo e col meccanicismo della Seconda Internazionale. L’Ottobre è la rottura con il dogma riformista secondo il quale la rivoluzione sarebbe possibile solo nei punti alti dello sviluppo capitalistico. Una posizione dogmatica che per le forze socialiste degli anni ’20 che operavano nei paesi capitalisti, e che la rivoluzione non volevano farla, diviene l’alibi “ideologico” per il mantenimento dello “status quo” capitalista. L’Ottobre di Lenin, con l’abbattimento del positivismo “secondointernazionalista”, cancellando l’assurdo ideologico di una storia umana che dovrebbe obbligatoriamente procedere per tappe predefinite, ricolloca al centro dello stesso movimento storico l’azione soggettiva, l’azione (libera dagli orpelli dogmatici) delle donne e degli uomini, della classe operaia, del mondo del lavoro e dei popoli. La “rottura dell’anello debole della catena”, come teorizza e pratica Lenin, è il messaggio rivoluzionario che l’Ottobre invia all’intero movimento comunista e rivoluzionario mondiale. 

C’è un articolo sulla Rivoluzione d’Ottobre di Antonio Gramsci, pubblicato su “l’Avanti” del 24 dicembre del 1917 (“La Rivoluzione contro il Capitale”, titolo nel quale il Capitale non è l’opera di Marx, ma è la lettura distorta che i riformisti fanno dello sviluppo del Capitale e della Rivoluzione)  in cui si afferma come l’Ottobre di Lenin sia esattamente una Rivoluzione contro la concezione meccanicista e dogmatica  che il socialismo riformista aveva del capitale, concepito come la forma sociale che, sola, col suo sviluppo, avrebbe determinato la trasformazione socialista e la rivoluzione, una concezione, questa dei partiti socialisti, compreso il partito socialista italiano di Turati, che escludeva ogni azione soggettiva, ogni ruolo autonomo della “classe”, del proletariato, del popolo, nel divenire storico.

La seconda questione che mette in luce l’Ottobre è quella, centrale, del ruolo del partito comunista, dell’organizzazione rivoluzionaria, dell’avanguardia comunista, nell’unità con la “classe” e col popolo, nel processo rivoluzionario. L’unità dei comunisti, l’unità tra partito e “classe”, come motore centrale dei processi di trasformazione. L’unità dei comunisti che oggi dobbiamo ricollocare al centro della nostra stessa lotta e pratica politica, qui ed ora! E ciò anche contro ogni nemico dell’unità dei comunisti, nemici che possiamo trovare ovunque, sia tra la classe capitalista e dominante che tra lo stesso movimento comunista, tra i suoi gruppi dirigenti.

E a proposito di unità, vorrei darvi una buona notizia: nel Nepal comunista e rivoluzionario, attraversato ora da un tentativo di controrivoluzione “arancione” organizzata e sospinta dai servizi segreti Usa, in questi giorni, e proprio di fronte al pericolo della controrivoluzione filo imperialista, ben nove soggetti d’ispirazione comunista e marxista si sono riuniti in un unico  partito che ha preso il nome di Partito Comunista Nepalese, in un processo unitario segnato dalla passione unitaria di tutti i militanti delle nove formazioni politiche che hanno dato vita al PC Nepalese e anche segnato da alcuni dirigenti nazionali socialisti (Ghanasyam Bhusal e Ramkumari Jhakri) che non hanno voluto partecipare al processo unitario, finendo di somigliare, con questo atteggiamento settario, personalista e opportunista, a tutti quei dirigenti comunisti, anche italiani i quali, paurosi di perdere potere e prestigio personale nei processi unitari, finiscono di anteporre i loro interessi personali, individuali, agli interessi dell’intero movimento comunista e della classe operaia e lavoratrice!

Anche i due grandi partiti comunisti indiani (Partito Comunista d’India e il Partito Marxista Indiano, partiti di massa che hanno governato e governano regioni indiane grandi quasi quanto l’Italia come il Bengala, il Kerala, il Kentala) hanno iniziato, seppur faticosamente, a pensare ad un progetto di unità, un progetto che comunque prende già corpo nell’azione e nella lotta unitaria comune.

Come a dire: è l’unità dei comunisti, quella che si basa su basi ideologiche comuni, il principale motore del successo dei comunisti, delle loro possibili vittorie, e coloro che si oppongono, i dirigenti comunisti che si oppongono ai processi unitari, sono i massimi responsabili delle debolezze e degli insuccessi del movimento comunista!

Se tutte le compagne e i compagni di quest’assemblea romana che provengono da postazione organizzative diverse si ritrovassero per magia, tutte e tutti assieme, di fronte ad una base NATO o di fronte ad una fabbrica che sta licenziando gli operai, queste compagne e compagni si ritroverebbero improvvisamente a condividere le stesse idee e la stessa volontà di lotta e probabilmente si chiederebbero perché sono tuttavia divise e divisi in organizzazioni comuniste diverse! E magari moti tra loro inizierebbero a chiedersi se non siano gli stessi gruppi dirigenti delle varie organizzazioni a dividerli! Poiché i militanti dell’una o dell’altra organizzazione comunista l’unità invece la vorrebbero! E allora dobbiamo dargliela, dobbiamo costruirla!

Per ciò che mi riguarda non sono mai riuscito a capire perché, di fronte alla crisi russo-ucraina, non vi sia stato un solo segretario nazionale dei partiti comunisti italiani, in questi ultimi due anni,  che abbia lanciato l’idea, il progetto, la proposta, di un’unica, grande manifestazione nazionale, con tutte le bandiere rosse con la falce e il martello, con tutte le bandiere delle forze comuniste e antimperialiste, almeno attorno ad una parola d’ordine condivisa: NO ALLE ARMI ALL’UCRAINA NAZIFASCISTA DI ZELENSKY! Il successo di una manifestazione come questa avrebbe fatto da propellente all’intero processo unitario comunista, lo avrebbe sospinto! Ma forse è proprio questo che qualcuno non vuole? Chi ha paura di Virginia Woolf? Chi ha paura dell’unità dei comunisti?

Credo che l’intervento del compagno Alberto Fazolo in quest’assemblea, intervento che mi ha preceduto e così intriso di volontà unitaria, possa essere d’esempio per tutti, possa essere una lezione unitaria per tutti noi!

Il ritorno dell’azione soggettiva rivoluzionaria, dunque, come una delle più importanti lezioni dell’Ottobre. Da qui la domanda per l’oggi, per il qui ed ora: è possibile, in Italia, il ritorno di un un’avanguardia comunista con caratteri di massa, è possibile il ritorno di un partito comunista con caratteri di radicamento sociale, di quadri con una linea ed una presenza di massa?

Ancor prima di rispondere a questa domanda dovremmo accettare il senso stesso della domanda, poiché la domanda presuppone il fatto che, oggi, in Italia, un partito comunista di questo tipo, col carattere d’avanguardia e con radicamento e linea di massa, non esiste. E non esiste, aggiungiamo, poiché tutti noi comunisti siamo dentro fino al collo alla crisi del movimento comunista italiano (italiano, non mondiale!), una crisi tutta da indagare teoricamente e politicamente, senza indugi e senza ritrosie,  una crisi che parte dall’involuzione, dalla degenerazione e poi dall’autoscioglimento del più grande partito comunista dell’Occidente capitalistico (il PCI), dal sostanziale fallimento di quel progetto politico-teorico che ci aveva dato una grande speranza (Rifondazione Comunista) e dall’insufficienza dei piccoli partiti comunisti nati, per scissioni successive e, uno dopo l’altro, per  “gemmazione”, dopo il PRC e dal ventre dello stesso PRC.

Per rispondere alla domanda se sia possibile, oggi, in Italia, rilanciare un partito comunista con carattere d’avanguardia e, insieme, di massa, occorre innanzitutto prendere in esame due formulazioni apodittiche che vengono scagliate contro il movimento comunista e contro ogni progetto di trasformazione sociale dal “mainstream” generale, dai media delle classi dominanti, dalla stessa cultura dominante.

Prima questione scagliata contro il movimento comunista, antimperialista e rivoluzionario: il contesto internazionale sarebbe totalmente sfavorevole al movimento comunista, ai partiti comunisti che operano e lottano all’interno dei paesi occidentali, compresa, naturalmente l’Italia. Seconda questione: il movimento comunista, sempre per il “mainstream” generale, sarebbe storicamente morto e sarebbe dunque inutile richiamarsi ad una trasformazione sociale a guida comunista, ad un progetto strategico stesso comunista.

Hanno verosimiglianza queste due affermazioni? Nulla è di più falso: esse, come menzogne, sono due strumenti della lotta di classe a guida capitalistica. Esse, peraltro, sono declamate con tanto vigore quanto più è alta la paura della lotta antimperialista e anticolonialista in crescita mondiale, quanto più, di nuovo s’aggira, nel mondo capitalista, lo “spettro del comunismo”.

Prima questione: per i media del potere capitalista il contesto internazionale sarebbe sfavorevole alle forze comuniste e della trasformazione sociale. Sul piano della verità storica è tutto il contrario. Ragioniamo: il 26 dicembre del 1991 viene ammainata, attraverso il vero e proprio tradimento di Gorbaciov, la gloriosa bandiera sovietica dalle cupole del Cremlino. I cantori servili dell’imperialismo (alla testa di tutti Francis Fukuyama, come ha lucidamente ricordato, nella sua relazione introduttiva a questa assemblea, il compagno Daniele Baccarini, segretario della Federazione PCI di Roma) “decretano” – attraverso una “ratifica” tanto idealista quanto risibile – la “fine della storia” e dello stesso socialismo. Bene: forse non è mai accaduto, nella storia, che in un tempo tanto breve (dal 1991, autoscioglimento dell’Unione Sovietica, al 2009, nascita dei BRIC e 2010 entrata del Sud Africa nei BRIC, che divengono BRICS) il mondo, l’intero contesto internazionale, mutasse tanto radicalmente e a sfavore del fonte imperialista. Oggi, lo straordinario ampliamento del fronte (anche se non conseguentemente socialista e comunista) antimperialista mondiale, che dà vita anche ai BRICS-Plus, è la vera base materiale della rabbia imperialista e della spinta generale al riarmo e alla guerra degli USA, della NATO, dell’UE e del mondo occidentale-capitalistico, un fronte che, consapevole sempre più della propria decadenza storica, contempla la possibilità di una Terza guerra mondiale come uscita dalla propria crisi economica ed egemonica. La stessa politica (solo apparentemente “folle”) di Trump, la politica dei dazi di guerra e del protezionismo nazionalista, non è una “via capitalista e imperialista nuova”, non è una linea di Trump: il protezionismo fa parte, invece, dell’intera storia del capitalismo, dalla rivoluzione industriale inglese sino alla fase successiva (un disastro economico in tutta Europa) alle guerre napoleoniche, passando per “l’autarchia” del Ventennio fascista italiano.

In verità, il protezionismo e le guerre doganali, oggi praticate da Trump, hanno sempre caratterizzato la fase del capitalismo in crisi, che si rannicchia in sé (isolazionismo) al fine di avviare una nuova accumulazione economica interna, al fine di sviluppare un’economia nazionale di guerra per poi spiccare il salto verso la guerra, anche mondiale.

In questo contesto segnato dalla possibilità di una Terza guerra mondiale, l’assenza, in Italia, di un grande movimento, di massa e di popolo, contro la guerra e per l’uscita dell’Italia dalla NATO e dall’UE, è un’assenza drammatica. E quest’assenza trova le proprie basi materiali anche nel fatto che non vi sia in campo un forte ed unico partito comunista capace di offrirsi quale catalizzatore, quale motore per la costruzione di un movimento di massa contro la guerra. Ed è a partire da ciò, e cioè dalla messa in campo di un unico e forte partito comunista, che dobbiamo lavorare per l’unità dei comunisti, contro ogni visione settaria e autoreferenziale, quelle visioni che impediscono ai comunisti e alle comuniste di unirsi, nell’azione, nella lotta e in un unico partito comunista!

Da Senatore della Repubblica sono stato Capogruppo in Commissione Difesa del Senato e ho avuto modo di conoscere la verità sulle basi NATO e USA in Italia. Esse sono oltre 140, con alcune, ulteriori basi, assolutamente segrete. Ciò vuol dire che la NATO è un esercito di occupazione militare, nel nostro Paese, e ogni segmento istituzionale e militare italiano è svuotato di potere e tutto il potere vero è della NATO e dunque dell’imperialismo nordamericano. Svuotato di potere è il parlamento italiano, svuotati di potere sono l’esercito, le forze dell’ordine e i servizi segreti italiani. Cosicché la questione dell’uscita dell’Italia dalla NATO è quella più importante per la liberazione del nostro Paese e del nostro popolo. Tuttavia, di fronte alle basi USA e NATO non si vedono le bandiere rosse con la falce e il martello e anche questa grave assenza ci dice quanto sia urgente, per mettere in campo un partito comunista all’altezza dei tempi, dello scontro di classe e della lotta antimperialista, il progetto e la pratica dell’unità dei comunisti!

La stessa natura neoimperialista e guerrafondaia dell’UE (una natura che la Rete dei Comunisti ha saputo, prima di molti altri, mettere a fuoco sul piano dell’analisi politica e teorica), UE alla quale Trump assegna il compito della guerra contro la Russia, ci dice quanto sarebbe centrale una lotta campale per l’uscita dell’Italia dall’UE condotta innanzitutto da un più forte partito comunista, che potrà essere tale se raggiungeremo l’unità dei comunisti.

Ma vi è un secondo punto di attacco del “mainstream” generale contro il movimento comunista e ciò si avvera quando i media generali “attestano per legge” che il movimento comunista mondiale vivrebbe una fase di crisi profonda ed irreversibile. E siamo anche qui di fronte ad una clamorosa menzogna avente il fine di abbattere le speranza e la passione dei comunisti italiani. La clamorosa verità, da conoscere e far conoscere, ci dice invece che oggi i partiti comunisti del mondo governano, direttamente, un quinto dell’intera umanità e i partiti comunisti all’opposizione (tra gli altri India, Giappone, Russia, Paese nel quale, tuttavia, il Partito Comunista della Federazione Russa, pur appoggiando totalmente l’impegno dell’esercito russo volto ad impedire che l’Ucraina diventi un Paese fascista che entri a far parte dell’UE e della NATO e così armato, anche di testate nucleari, si collochi a ridosso dei confini russi, trasformandosi anche in una minaccia contro la Cina, pur avendo assunto questa chiara posizione di appoggio totale dell’intervento russo in Ucraina, il PCFR di Ghennady Zyuganov non lesina critiche di opposizione alle politiche sociali interne condotte da Putin), i partiti comunisti all’opposizione, dicevamo, sul piano mondiale, guidano  oltre 1 miliardo di uomini e donne, di lavoratori, nelle lotte per giustizia la sociale e nelle lotte anticolonialiste.

Se governare direttamente, da parte dei partiti comunisti del mondo, un quinto dell’umanità mettendosi, inoltre, alla testa di oltre 1 miliardo di proletari nelle lotte di opposizione a governi reazionari e antipopolari, se tutto ciò vuol dire “crisi del movimento comunista mondiale”, ebbene noi plaudiamo a questa “crisi”, attendendo il tempo in cui essa porti, inevitabilmente, alla crisi generale del capitalismo mondiale!

Il Movimento comunista mondiale non solo non è in crisi, dunque, ma esso sostiene – avendo la Repubblica Popolare Cinese al suo centro, con il suo sviluppo economico e politico che è il più grande sviluppo della storia dell’umanità – il più grande cambiamento di rapporti di forza mondiali tra imperialismo e antimperialismo e ciò a sfavore del fronte imperialista, riconsegnando, da questo punto di vista, a partire da ciò, senso, ruolo, liceità rivoluzionaria alle stesse forze comuniste che lottano all’interno delle cittadelle capitalistiche del mondo, in Europa, in Italia!

Ma se la questione oggettiva, il contesto storico e internazionale è, anche per i comunisti italiani, favorevole, noi sappiamo che non potranno essere i BRICS a fare la rivoluzione per noi, in Italia. E se la questione oggettiva  è favorevole, dobbiamo essere consapevoli che è la questione soggettiva comunista, in Italia, a non essere ancora pronta e non all’altezza del nuovo e positivo, per la trasformazione sociale, contesto internazionale.

È da qui che, con più forza e determinazione, si pone il problema, tra i comunisti italiani, della Questione Comunista in Italia, una Questione ancora aperta, sia sul piano politico che su quello teorico. Una Questione Comunista ancora aperta, nel senso che nessuna forza comunista italiana, collocata sul terreno politico, è stata capace di rispondere pienamente alla crisi del movimento comunista italiano successivo all’autodiscioglimento del PCI storico con una capacità di radicamento reale sul territorio nazionale, con una capacità reale di sviluppare una politica di massa e per le masse, con una capacità di incidere realmente sulle dinamiche politiche, sociali e culturali italiane, con una capacità di organizzarsi direttamente nei luoghi di lavoro e di studio, con una capacità di offrirsi come motore unitario per la costruzione di un più vasto movimento di lotta e di popolo di carattere antimperialista, contro la NATO e l’UE.

Il dramma politico, di fronte a tutte queste mancanze, è che ogni, piccola, forza comunista italiana crede (credendoci davvero) di aver risolto in sé la Questione Comunista italiana, e forte di questo convincimento chiude le porte ad ogni altra forza comunista, ad ogni altra interlocuzione, ad ogni altro rapporto, impedendo in questo modo assolutamente autoreferenziale e settario la possibilità – che è invece una necessità assoluta- di confronto politico e teorico, di unità d’azione comune, di un progetto comune volto ad un’accumulazione di forze comuniste, omogenee sul piano ideologico e omogeneo sul piano della prospettiva strategica.

Chi, con una superbia che non corrisponde alla realtà, crede di aver già risolto in sé la Questione Comunista italiana, in effetti cade in una linea politica ostile all’unità dei comunisti, ostile all’unità d’azione comunista, ostile ad una linea politica volta ad un’accumulazione di forze quale unica base materiale per la ricostruzione di un partito comunista, in Italia, all’altezza dei tempi e dello scontro di classe. E l’ostilità all’unità poggia spesso su basi totalmente irrazionali, poggia spesso su basi volte al mantenimento del potere politico conquistato in partiti asfittici da parte di gruppi dirigenti che non sanno guardare lontano, non sanno guardare oltre sé, sacrificando lo sviluppo del movimento comunista complessivo per i propri, seppur indicibili, interessi personali o di piccoli gruppi.

Il movimento comunista italiano ha vissuto, sin dal 21 gennaio 1921 a Livorno, e poi nella Guerra di Liberazione contro il nazifascismo, nelle grandi lotte del Secondo dopoguerra per la liberazione dei contadini e degli operai, nella lotta contro il neofascismo e per la costruzione della democrazia, ha vissuto grandi stagioni che hanno disseminato l’ideale comunista in profondità, nelle fabbriche, nelle scuole, nelle università, nel senso comune di massa. Oggi, questo vasto senso comune di massa comunista è nella diaspora, non è organizzato nelle piccole formazioni comuniste presenti in Italia: centinaia di migliaia di comuniste e comunisti non sono iscritti e non militano in nessun partito; nelle fabbriche, nelle accademie, nelle università vi sono migliaia di “isole” comuniste che vivono in totale solitudine il loro ideale, in un vasto processo di atomizzazione dell’intero e non organizzato movimento comunista italiano, Una delle cause di questa permanente atomizzazione sta nel fatto che la proliferazione di sigle comuniste ed il loro tenace rifiuto dell’unità comunista respinge i tanti componenti silenziosi della vasta diaspora comunista a partecipare, ad iscriversi a soggetti comunisti quand’essi sono  l’uno contro l’altro armati.

La grande diaspora comunista italiana attende e spera, per ritornare in campo, per rivitalizzarsi, per impegnarsi e militare di nuovo, che finisca la polverizzazione in atto del movimento comunista e si torna all’unità in una sola forza comunista organizzata.

Per tutto questo è il tempo, oggi, dell’unità, dell’unità dei comunisti per ridare fiducia all’esercito comunista che vive nella diaspora e nel silenzio inattivo e per riconsegnare alla “classe”, al proletariato, ai lavoratori, ai giovani, alle donne un partito comunista che, superato di slancio ogni nefasto e cieco settarismo, una forza quale cuore dell’opposizione di classe, di lotta e di trasformazione sociale!

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