di Sergio Leoni, MpRC Marche; della redazione nazionale di Futura Società
“Unità”, recita il titolo del manifesto che ha invitato e riunito il 30 maggio scorso lavoratori, intellettuali e dirigenti comunisti e antimperialisti (strapiena la sala del Centro culturale “L’isola che non c’è” di Castelferretti, in provincia di Ancona), in un’iniziativa il cui significato più profondo deve essere letto nella terza riga del manifesto stesso: “unità delle forze comuniste e antimperialiste”.

Fosco Giannini, coordinatore nazionale del Movimento per la Rinascita Comunista, ha svolto la relazione introduttiva che naturalmente non poteva non affrontare quelli che sono, a livello mondiali, i temi che tutti i giorni riempiono le cronache e i commenti di tutti i media planetari.
Quindi si è parlato della disastrosa situazione della striscia di Gaza, del conflitto in Ucraina di cui il minimo che si può dire è che esso è diventato il paradigma, una sorta di cartina al tornasole per quanto concerne il posizionamento delle varie forze politiche in campo. La questione del riarmo europeo sollecitato dai sedicenti “volenterosi”, ma diretto nei fatti da un apparato politico e militare i cui fini non sono che quelli di accentuare/concretizzare i caratteri di un’Ue imperialista e neocolonialista e da un controllo politico ed economico che non conosca, e non permetta mai, una qualunque forma di critica, è stato l’altro grande tema affrontato.
E’ significativo, e in qualche modo rappresenta un monito, il fatto che tutte le organizzazioni che hanno promosso questa iniziativa, citando i relatori (Alessandro Belfiore, coordinatore di No guerra- No Nato, Daniela Filonzi, del Comitato Jesi per la Palestina, Gabriele Marcozzi, segretario regionale di Rifondazione Comunista, David Monticelli, del Fronte del Dissenso, Salvatore Catello, responsabile nazionale di Resistenza Popolare, Sergio Ruggeri, del Punto Rosso di Jesi) si siano trovati, seppur con alcune e già conosciute differenze, in accordo con la stessa idea lanciata dal MpRC e volta alla costruzione di un Fronte di lotta, di popolo e di massa, contro la guerra imperialista, contro il riarmo e per l’uscita dell’Italia dalla Nato.
Da questa iniziativa ha preso più corpo l’idea, detto senza enfasi ma con ragionevole ottimismo, che un dialogo diretto, franco, in vista dell’obiettivo dell’unità d’azione e della lotta, sia non solo auspicabile ma possibile.

In particolare, ma senza scendere troppo nelle pieghe degli interventi (“pieghe” che a volte però ne hanno costituito la parte migliore): Alessandro Belfiore ha messo in evidenza la differenza di atteggiamento, presso l’opinione pubblica, nei confronti della tragedia di Gaza e della guerra in Ucraina. Questa è fatta vivere dai “media” come politicamente divisiva, quella, anche per il numero di civili e bambini assassinati, può suscitare uno sdegno che potrebbe essere il punto di partenza per un movimento contro ogni guerra, che forse potrebbe contare sul favore di una opinione pubblica disgustata da un anno di stragi, di genocidio impunemente praticato da Israele.
Daniela Filonzi ha analizzato la situazione in Medio Oriente, inquadrandola nei vari momenti storici che hanno portato alla nascita e al successo di Hamas, inquadrandola negli accordi di Oslo che non prevedevano, con le conseguenze che sono oggi sotto gli occhi di tutti, la nascita di uno stato autonomo palestinese.
Gabriele Marcozzi, condividendo nella sostanza l’analisi del momento politico riguardo in particolare alle guerre in atto, ha tuttavia espresso alcune perplessità quanto alla questione dei Bcris+, sostenendo dal canto suo che un mondo “multipolare” esiste già.
David Monticelli in qualche modo ha replicato all’intervento precedente auspicando che il “multilateralsmo” si realizzi semmai tra i popoli (e dunque coinvolgendo anche le “piccole” nazioni) piuttosto che tra grandi stati, tra grandi potenze che non hanno dalla loro solo la potenza militare.
Salvatore Catello ha parlato di un minimo comun denominatore che può/deve essere il collante per una unità che si fondi su di un’analisi condivisa. A partire, per esempio, da una valutazione sulla Cina attuale che non sia quella, ben definita e smaccatamente di parte, dello streaming proposto ad ogni ora ad una opinione pubblica quantomeno frastornata.
A partire, ancora, da un’analisi dei Brics+ i quali, qualunque possa essere il giudizio profondo che se ne vuol dare, comunque hanno il merito di “rompere” l’attuale sistema che si basa, sostanzialmente, sugli equilibri politici usciti dal secondo conflitto mondiale.
Come si vede, si tratta qui di una cronaca il più possibile, per quanto è possibile, aderente ad un “momento” condiviso di cui si può tranquillamente dire che la disponibilità, l’ascolto attento alle ragioni degli interlocutori intervenuti, sono stati i presupposti per un dibattito spesso informale ma comunque corretto e rispettoso delle varie posizioni.
Il dibattito finale non ha solo registrato l’intervento di Sergio Ruggeri, credo prezioso per l’analisi e la testimonianza che ha portato rispetto a certe realtà del Sud America (ricordandoci come l’Europa, se mai lo è stato, oggi certamente non è più il centro del mondo), ma anche l’intervento di Marco Amagliani (del Comitato Centrale del Pci), che ha posto due questioni essenziali. Da un lato il giudizio nei confronti delle due forze politiche in campo a livello nazionale, secondo cui centro destra e centro sinistra sono, nella sostanza, la stessa cosa. Dall’altro lato quella che si potrebbe definire una questione “generazionale”. E qui è evidente che Amagliani tocca un tema che non si riduce ad una mera questione di ricambio generazionale (oggi del resto messo molto in discussione), ma si invera in un salto “culturale” di cui sfuggono ancora le vere conseguenze.
Questa la cronaca, per quanto è stato possibile registrare in un dibattito che non è mai parso ingabbiato in rituali ben conosciuti e spesso inutili. La discussione è stata sempre aperta e franca, che è cosa che non può in nessun modo essere sottovalutata.
Se una conclusione, del tutto provvisoria e speriamo davvero “sentita” da tutti i soggetti presenti, si può proporre, questa non può che partire da due dati largamente condivisi (altri, e più approfonditi, ne servirebbero, ma fare un passo alla volta, prudentemente, può essere una ricetta non disprezzabile).
In concreto: primo, la necessità della costruzione, sul campo, di un Fronte vasto di lotta contro la guerra imperialista in atto (obiettivo rilanciato da Fosco Giannini al termine del dibattito, a partire dalla “riconvocazione” dei soggetti presenti a Castelferretti al fine di mettere in campo una prima manifestazione, nelle Marche, unitaria contro la guerra, il riarmo italiano e dell’Ue e per uscire dalla Nato); secondo, la messa in campo di un partito comunista che abbia peso e che comunque sia attrattivo rispetto a soggetti che oggi sono dispersi (nel migliore dei casi), o addirittura sono passati nel campo avverso, uno slogan, questo, che è auspicabile cessi di essere tale e diventi una prospettiva percorribile.
L’iniziativa di Castelferretti, quale che ne sarà domani l’esito concreto, si è mossa in questa prospettiva.
La cena finale presso lo stesso Centro culturale “L’Isola che non c’è”, con molti compagni e compagne, ha sugellato, buon verdicchio locale ed una sorta di “shawarma” – carne orientale in versione dorica- l’intesa nascente tra le forze del Fronte antimperialista nascente.
