Dalla parte dei lavoratori 8 e 9 giugno, referendum abrogativi: mobilitarsi per portare alle urne i lavoratori e i ceti sociali popolari

di Vladimiro Merlin, Responsabile Lavoro per il Movimento per la Rinascita Comunista

Non siamo stati noi a scegliere la strada dei referendum, nei referendum non votano solo i lavoratori ma anche ceti e classi sociali che ritengono, a ragione o a torto, di avere interessi contrapposti a quelli dei lavoratori.

Una strada, quella referendaria, che richiede, per essere vittoriosa, il voto di più del 50% degli elettori e, tra i votanti, più del 50% dei consensi, più voti di quanti sono bastati alla Meloni per andare al governo, affermando, poi, tra l’altro, di avere il consenso della “maggioranza degli italiani”, avendo invece solo poco più del 40% dei voti validi su circa il 50% dei votanti, cioè circa il 23% degli aventi diritto.

Con le stesse percentuali i referendum sarebbero persi.

Questo non lo diciamo per scoraggiare il voto o, peggio, per invitare a non votare, lo diciamo affinché vi sia una coscienza chiara, tra chi intende realmente sostenere, in questo passaggio, gli interessi dei lavoratori, del fatto che sarà necessario il massimo impegno per ottenere un risultato il più possibile positivo.

Ognuno può avere il suo punto di vista sul merito dei quesiti, sulla loro efficacia, sul fatto che al posto di questi se ne potessero mettere altri, ma, ora, è questo lo scontro con il padronato e le forze politiche che lo sostengono (la destra e una parte consistente del cosiddetto centrosinistra, come Calenda, Italia Viva, settori importanti del PD ecc., a cui va aggiunta anche la CISL).

Una vittoria dei quesiti referendari, segnerebbe, dopo tanti anni, un avanzamento per il mondo del lavoro, e cambierebbe in positivo i rapporti di forza in favore delle classi lavoratrici, potrebbe essere una opportunità, non scontata, ma tutta da verificare, di aprire una offensiva per ottenere altre e più significative conquiste.

Un risultato, come abbiamo già detto, estremamente difficile da realizzare ma, anche non si realizzasse, non sarebbe indifferente il risultato del voto, sarebbe ben diverso, per esempio, se non si arrivasse al 50% dei votanti, ma si avesse una larga maggioranza in favore del SI, perché questo evidenzierebbe dei rapporti di forza che stanno mutando in favore dei lavoratori.

Sarebbe, all’opposto, estremamente negativo se il numero dei votanti fosse molto basso ed il numero dei SI non fosse largamente maggioritario, questo segnerebbe una larga vittoria del padronato, e delle forze politiche che lo sostengono, e sarebbe una inevitabile premessa ad una nuova offensiva contro le condizioni e i diritti dei lavoratori.

Sarebbe un grave errore se forze che si collocano dalla parte dei lavoratori sulla base di una critica delle scelte e dei contenuti proposti dalla CGIL si tirassero fuori dal sostegno al SI assumendo un atteggiamento contrario al voto, tale atteggiamento potrebbe essere assimilato, ancora di più nel caso di una pesante sconfitta, da parte di molti lavoratori, a quello delle destre politiche, dei settori filo padronali del cosiddetto Centrosinistra, che assieme alla segretaria della CISL e al presidente del senato La Russa stanno già platealmente sviluppando la campagna per l’astensionismo.

Per questo noi riteniamo che tutte le forze politiche, sindacali e sociali che ritengono di sostenere e rappresentare i lavoratori, al di la dei differenti punti di vista e delle critiche che esprimono sulla scelta dello strumento referendario, dovrebbero, comunque, produrre il massimo sforzo per contribuire a rafforzare ed ampliare il voto per il SI.

Una mobilitazione complessiva che, a dire il vero, per ora, a meno di un mese dal voto, ancora non si è vista, la stessa CGIL che ha promosso i referendum non ha sviluppato, finora, un’iniziativa adeguata, che sappia uscire dai posti di lavoro ed essere visibile e coinvolgente per tutti quei settori sociali che potrebbero essere vicini ai lavoratori, ma che devono essere raggiunti e coinvolti in questa battaglia.

Mi riferisco in primo luogo ai pensionati, non solo quelli dello SPI, ma quelli che si trovano nei mercati, nei centri commerciali, nei loro luoghi di aggregazione, in secondo luogo ai giovani, quelli che cercano lavoro e non lo trovano, o quelli che lo dovranno cercare nei prossimi anni, ai commercianti che hanno tutto da guadagnare se i lavoratori migliorano la loro condizione economica, e lo stesso vale per gli artigiani.

Questi settori sociali che molti anni fa erano vicini ai lavoratori ( almeno una parte considerevole di essi ) sono poi stati allontanati se non addirittura contrapposti ai lavoratori, ma questa situazione che ha giovato molto solo alla ristretta fascia dei più ricchi, degli imprenditori, dei finanzieri, dei grandi  professionisti, dei manager, che hanno visto crescere enormemente le loro ricchezze, non ha portato nessun miglioramento per i pensionati, per i giovani, per i piccoli commercianti e per gli artigiani, in particolare in queste ultime due categorie sono stai moltissimi a fallire e a dover chiudere le attività.

Si deve sfruttare questa campagna referendaria anche per ricostruire la coscienza, per la grande maggioranza della società, che il miglioramento delle condizioni di vita di tutti è strettamente legato al miglioramento delle condizioni dei lavoratori.

Per questo noi del Movimento per la Rinascita Comunista ci impegneremo a fondo in questa campagna referendaria per il SI.

Poi dopo l’esito del voto ci sarà tempo e spazio per i bilanci, per riflettere sulle scelte che sono state fatte, sulle modalità e sull’impegno effettivamente profuso per raggiungere il risultato, ora, in questo mese scarso che abbiamo a disposizione, dobbiamo tutti impegnarci, anche sul piano individuale, con colleghi, amici, famigliari per raggiungere il miglior risultato possibile.

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