“La Nato ha abbaiato ai confini della Russia”Una lettura delle “politiche” reali di Papa Francesco

di Fosco Giannini

La Chiesa cattolica è la più vasta confessione cristiana al mondo. Anch’essa ha usufruito della possibilità di estendere il proprio magistero, la propria “linea ideologica”, attraverso una nuova “mission” di carattere planetario (i “media”) che hanno consegnato alle Lettere di San Paolo di Tarso e alla loro guida ideologica (paleocristiana e contemporanea) un nuovo “ripetitore” mondiale, che ha moltiplicato all’infinito il numero delle  “mission” ecclesiali storiche, già essenzialmente caratterizzate da un segno colonialista e aventi il ruolo d’avanguardia degli imperi d’Occidente e del protocapitalismo sul piano intercontinentale. Oltreché da una lotta ideologico/filosofica su vasta scala volta alla polverizzazione dei vastissimi culti pagani e politeistici a favore di un radicamento planetario di un monoteismo da interpretare (anche) quale anticipazione di quella “concezione della totalità” antirelativista che, a parere di chi scrive, segna anche di sé – con tutte le, enormi, differenze del caso tra cristianesimo e marxismo – il pensiero materialista.

È da questo nuovo utilizzo dei “media” da parte del proselitismo paolino che deriva, in questi giorni, l’inesausto e planetario “discorso” sulla morte e sull’opera di Papa Francesco. Un “discorso” che è stato sin qui segnato sia da una, spesso insopportabile e persino nauseabonda, ipocrisia, soggezione e subordinata adulazione da parte dell’esercito “intellettuale” del campo reazionario e liberal-cattolico, che da una certa “spiccia rozzezza” da parte di alcuni esponenti della “sinistra antimperialista”.

In Italia, il primo fronte, reazionario e liberal-cattolico, è sterminato e va dalla premier Giorgia Meloni (cattolica della Vandea e in quanto tale priva oggettivamente, sul piano teologico, spirituale e politico, di ogni minima superfice di contatto con la pastorale neo evangelica di Papa Francesco), al vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini, che pur sgranando il rosario anche, o soprattutto, nei comizi, conduce poi una battaglia di natura prettamente razzista nei confronti dell’immigrazione, truce battaglia anticipatrice di un’intera weltanschauung dai caratteri “goebbelsiani”, che stride in modo acutissimo con l’intera “politica spirituale” di Papa Francesco che, dalla sua prima escursione, da pontefice,  a Lampedusa, ha imposto, per la prima volta nell’intera storia della Chiesa in modo tanto potente e come una sorta di Franz Fanon ecclesiale, la questione della solidarietà piena al popolo universale dei Dannati della Terra, questione dai caratteri persino rivoluzionari nella misura in cui essa può farsi contraddizione scardinante degli assetti di potere borghesi e capitalisti; una questione, nelle modalità poste sul piano persino teologico e politico-sociale da Papa Francesco, non troppo dissimile da quella che pongono i comunisti in relazione alle immigrazioni di massa: fenomeni storici ineludibili poiché prodotti dalle stesse contraddizioni imperialiste e capitaliste e da trasformare, attraverso la costruzione dell’unità di classe tra proletari “bianchi” e nazionali e proletari dell’immigrazione, in senso rivoluzionario. Un fronte, quello liberale tendente all’enfatizzazione (contraddittoria) di Papa Francesco, che si arricchisce  della presenza di esponenti del liberal-imperialismo quali la segretaria del PD Elly Schlein, che nella sua totale e, naturalmente, acritica genuflessione agli Usa e alla Nato non può trovare punti di contatto con chi, come Papa Francesco, ha dispiegato spesso una concezione dell’imperialismo nordamericano non certamente estranea a quella dei fronti antimperialisti storici dell’America Latina, continente e “spirito” da cui “Francisco” è provenuto, né, la Schlein, può avere punti di contatto con Papa Francesco sulla questione della Nato, spesso severamente giudicata da questo pontefice, quanto totalmente e acriticamente assunta dalla segretaria del PD, con tutto ciò che ciò significa sul piano della sua genuflessione alle politiche di guerra imperialiste.

Un secondo fronte, tra gli altri, in relazione al giudizio su Papa Francesco, è quello costituito da alcuni esponenti dell’area italiana della “sinistra antimperialista”. Su alcuni siti e chat di quest’area, che solitamente esprime posizioni antimperialiste totalmente condivisibili, sono apparsi giudizi duramente negativi e tranchant sulle “politiche” di Papa Francesco, giudizi liquidatori in relazione ad uno “schierarsi”, del Papa che ci ha lasciati, non “conseguentemente antimperialista” rispetto a questioni, tra le altre, come l’Ucraina, la Palestina, la Siria, il riarmo dell’Ue.

Ora, rispetto a tali giudizi tranchant, occorre rilevare, innanzitutto, che se parliamo della Chiesa non parliamo di un partito comunista e se parliamo del Papa non parliamo di un segretario generale comunista. Poiché è del tutto evidente che le critiche di un non conseguente antimperialismo (specie sulle questioni dell’Ucraina e della Siria) andrebbero più razionalmente rivolte ai partiti comunisti ancora nominalmente in campo in Italia e che su tali questioni, al contrario del Movimento per la Rinascita Comunista che si è sempre schierato senza titubanze con le ragioni della Russia di Putin, hanno molto balbettato.

Ma tutto ciò ci porta ad una considerazione generale: la Chiesa, e un suo Papa, vanno giudicati con la lama critica del Principio Assoluto o tali giudizi devono essere formulati all’interno di una contestualizzazione? La critica ad un Papa va formulata come se quel Papa fosse il leader di un fronte comunista e rivoluzionario, oppure in relazione a quanto egli può cambiare positivamente nel senso comune di un sesto dell’umanità, poiché di circa un miliardo di persone è costituito il popolo della Chiesa cristiana nel mondo?

I comunisti provvisti dei “doni” del materialismo storico e della dialettica marxista non dovrebbero avere dubbi, a proposito, nello scegliere la strada della contestualizzazione per giudicare “la politica” di un pontefice.

In verità, la diatriba tra “i giudici armati dell’Assoluto” e “i dialettici marxisti”, rimanda, per molti versi, al grande contrasto filosofico che prese corpo tra Marx e Feuerbach già nella seconda metà dell’ottocento e, particolarmente, dopo la pubblicazione, da parte di Feuerbach, de “L’essenza del cristianesimo” (1841). Feuerbach, in sintesi, rivendica (giustamente) l’autonomia della Ragione dalla Teologia e definisce la religione, e con essa il cristianesimo, come alienazione ed estraneazione dell’umano. Marx, (pur condividendo la concezione di alienazione quale portato della religione messa a fuoco da Feuerbach e pur definendo la religione come “oppio dei popoli) mette in forte rilievo una mancanza  nel pensiero di Feuerbach: al più importante esponente della sinistra hegeliana Marx ricorda che il pensiero religioso non proviene da un soggetto astratto, esterno alla Storia, quasi esso stesso una divinità, ma che anche tale pensiero è un prodotto sociale, che la religione e la sua alienazione provengono dalla stessa materia sociale che produce il capitalismo e le sue diseguaglianze  e alienazioni.

Marx, in altre parole, opera un processo di concretizzazione e materializzazione della religione che dovrebbero operare anche i comunisti odierni, anche i comunisti che si trovano ora a giudicare Papa Francesco, che non può essere giudicato, dunque, con gli strumenti del Principio Assoluto ma del Principio di Realtà, attraverso la contestualizzazione.

E partendo dal metro di misura della contestualizzazione (fino a che punto può spingersi un Papa sul terreno della critica all’imperialismo? Quanto, questa critica, può spostare in avanti non solo il senso comune dell’intera comunità cristiana nel mondo – abbiamo visto: un miliardo di esseri umani – ma una parte considerevole dell’intera umanità?) noi possiamo agevolmente affermare che le posizioni generali espresse da Papa Francesco siano state oltremodo positive al fine di avviare cambiamenti migliorativi in tanta parte del senso comune planetario.

Attraverso quali posizioni espresse?

Innanzitutto con la reiterata denuncia contro la guerra e con l’incessante richiesta della pace. Forse una richiesta di pace alla Papa Woityla, untuosa e persino spregevole nel suo filo imperialismo dichiarato e praticato, nella sua militanza anticomunista servilmente offerta agli Usa e alla Nato e biecamente contraria agli interessi materiali dei popoli dell’Est-Europa e dei popoli dell’intero pianeta, riportati, dalla caduta dell’Urss, nel pericolo di una neo colonizzazione imperialista mondiale?

No! La richiesta di pace di Papa Francesco ha preso forma concreta e anti liturgica attraverso “casematte” politiche erette nel suo stesso “discorso” politico:

-l’affermazione, nel corso di una ormai famosa intervista di Papa Francesco al “Corriere della Sera”, secondo la quale, per capire la crisi russo-ucraina, occorreva ricordare “che la Nato ha abbaiato ai confini della Russia”. Un modo per dire (e neppure i partiti comunisti italiani ancora presenti lo hanno fatto così chiaramente) che per capire la reazione russa bisognava valutare la provocazione della Nato. Una posizione, questa coraggiosissima e in controtendenza assunta da Papa Francesco, che fece trasalire persino la Segreteria di Stato del Vaticano che tentò, invano, di correggerla e ammorbidirla. E che ha spinto Putin, in questi giorni successivi alla morte di Bergoglio, a voler ricordare la critica di Papa Francesco alla Nato e alle spinte di guerra imperialiste. In un suo recente articolo (“Francesco è vivo”), ha così magistralmente scritto Domenico Gallo, Presidente Emerito della Corte Costituzionale: “E’ un dato di fatto che il progetto di ordine internazionale, preannunciato dalla Carta Atlantica (14 agosto 1941), partorito con la Carta delle Nazioni Unite (26 giugno 1945) e fondato sulla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo (10 dicembre 1948), non si è mai completamente realizzato e adesso sta attraversando una crisi profonda che mette in dubbio persino l’esistenza giuridica dei suoi assiomi principali…Il diritto internazionale, sotto il profilo del bando della guerra e della tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, si colloca su un crinale aspro e roccioso, battuto dai venti della Storia, alla frontiera fra la Storia e la filosofia, fra l’etica e la tecnica del diritto. A questa frontiera si può arrivare da più versanti, attraverso il sentiero della Storia o del pensiero filosofico o attraverso quello dell’etica. È attraverso il sentiero dell’etica che Papa Francesco è arrivato a confrontarsi con il diritto internazionale e ad ergersi, unico leader politico mondiale, a difensore dei valori universali del diritto, non più e non solo Defensor fidei, ma-per quello che più ci riguarda – Defensor iuris humanitatis;

-l’accusa reiterata e durissima di Bergoglio alla strage genocida israeliana a Gaza, accusa che proprio negli ultimi giorni di vita del Papa si è rafforzata assumendo toni epici, tanto da far scegliere a Netanyhau, che attraverso ciò ha rotto ogni protocollo storico e ogni tradizione diplomatica, non solo di non partecipare e di non inviare nessun esponente del governo israeliano ai funerali di Francesco, ma addirittura di non inviare al Vaticano nessuna nota di cordoglio per la sua morte;

-la veglia di preghiera voluta da Papa Francesco il 7 settembre 2013, cioè mentre gli Usa, la Nato e l’Ue si apprestavano a bombardare quella Siria che non voleva cedere ai diktat imperialisti, una veglia di preghiera che attirò su Bergoglio le ire, i rimproveri e le accuse di Washington, della Nato e dell’intero Occidente capitalista;

-la “trasformazione” strategica e con un afflato quasi “terzomondista”, sempre da parte di Bergoglio, dell’intero proletariato e sottoproletariato mondiale in “classe” centrale nel progetto di trasformazione sociale internazionale (con la conseguente trasformazione delle “periferie del mondo” da “luoghi ove dirigersi”, vecchia retorica del populismo “spirituale” ecclesiale, in luoghi rivelatori dello scontro capitale-lavoro a livello planetario);

-l’aver impresso alla Chiesa un poderoso movimento di estroversione, di uscita da sé per incontrare le popolazioni, come ha affermato, attraverso la propria, grande, autorevolezza morale e intellettuale, lo stesso cardinale Marcello Semeraro, “uomo” di Bergoglio, intendendo con ciò la messa in campo di una Chiesa dei popoli e non soltanto una Chiesa “degli ultimi”, secondo la consueta retorica ecclesiale, ma una Chiesa popolare, una Chiesa operaia, una Chiesa degli sfruttati;

-la durissima omelia di Bergoglio a Lampedusa, dopo la strage dei 368 migranti del 3 ottobre 2013, omelia che presentò al mondo un Papa che non voleva limitarsi a “celebrare messa” ed “esprimere la vicinanza di dio” alle vittime, ma voleva indicare al mondo le responsabilità degli assassini imperialisti storici e dei neorazzisti, ricollocando al centro del divenire storico, come già detto, i popoli extra occidentali, “gli scarti” (termine popolarizzato da Francesco) del capitalismo;

-per ciò che riguarda il riarmo europeo: nel messaggio “Urbi et Orbi” di Papa Francesco (il suo ultimo messaggio, forse dettato in prossimità della morte) per la Pasqua appena trascorsa, così chiaramente si dice: Nessuna pace è possibile senza un vero disarmo. L’esigenza che ogni popolo ha di provvedere alla propria difesa non può trasformarsi in una corsa generale al riarmo. Ad Ursula von der Leyen avranno sicuramente fischiato le orecchie…

Sarebbe, innanzitutto, centrale giudicare un papato dall’opera “ideologica” messa in campo. E, per ciò che riguarda Francesco, dalle quattro Encicliche e dalle sette Esortazioni Apostoliche uscite durante il suo papato. Noi crediamo che in questi undici Documenti non emerga una significativa trasformazione dogmatica del pensiero della Chiesa. Ma, con ogni probabilità, in questo, stesso, pensiero “non rivoluzionato” si nascondono l’enigma e la verità di tutta la fase pontificale di Francesco, nel senso che la spinta al cambiamento, materializzatasi nella prassi (specie nella “politica internazionale”, ma spesso anche in quella del lavoro e contro lo sfruttamento capitalistico), non poteva spingersi sino al radicale cambiamento “ideologico”, in virtù del fatto che le aree conservatrici e reazionarie della Chiesa, a partire dall’area cardinalizia tedesca, si sarebbero subitaneamente messe di traverso, azzerando così anche la trasformazione “francescana” della prassi politica. Ed è stato come se Francesco abbia, allora, operato una scelta: non cambio radicalmente il dogma, ma metto mano – e che gigantesca mano! – alla prassi, alla politica vera, quella che tocca e cambia il senso comune dei popoli.

Detto ciò, tuttavia, non possiamo non rimarcare che anche nelle quattro Encicliche (e nell’Esortazione “Evangeli Gaudium”) il vento del cambiamento positivo si sia, seppur parzialmente, levato.

Nell’Enciclica “Lumen fidei”, del 29 giugno 2013, in una nostra “traduzione” politica del Documento, la centralità dell’amore cristiano può trasformarsi nella chiave di lettura di un mondo dominato dai grandi poteri economici e dall’ossessione dell’individualismo e del narcisismo, per una riaffermazione del “collettivo”, del popolare e dell’universale, che certo non sono valori borghesi. Per un ritorno, con Francesco, ad una cultura cristiana antiborghese (attenzione a ciò!) che mai scade in quella Vandea antiborghese propria delle destre reazionarie, ma si rivolge ai diritti, tutti i diritti, sociali e civili, dei popoli, vocazione ideologica verso questi diritti che ogni Vandea, seppur antiborghese, nega alla radice.

Nell’Esortazione “Evangeli Gaudium” (24 novembre 2013) è messa a fuoco quella che il cardinale Semeraro oggi dichiara essere “l’extraflessione” della Chiesa, e cioè la Chiesa dei popoli e degli sfruttati.

Il 24 maggio 2015 esce l’Enciclica “Laudato si’”, nella quale si pone la questione di un’ “ecologia integrale”, non solo, dunque, e banalmente, una questione ambientale (così come fanno  spesso i “verdi” senza anticapitalismo), ma una concezione organica dell’ecologia, così spiegata in un passaggio essenziale dell’Enciclica stessa: Non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre più un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente per ascoltare tanto il grido della Terra quanto il grido dei poveri”. Al di là del linguaggio ecclesiale, vi è ben più marxismo qui che nelle tesi di tanti “verdi” pseudoambientalisti…

L’Enciclica “Fratelli tutti”, del 3 ottobre 2020, è un richiamo vigoroso, di fronte ai mali del mondo e alla legge capitalista delle guerre e dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, a quella che noi comunisti chiameremmo “militanza” e condanna gramsciana dell’indifferenza e che nell’Enciclica prende il nome di impegno, affinché davanti al dolore non sia possibile che qualcuno rimanga ai margini della vita.

L’ultima Enciclica (“Dilexit nos”) è dedicata, attraverso il linguaggio pontificale, al “Sacro Cuore” ed in verità è una spinta alla presa di coscienza collettiva e individuale per mettere in campo la trasformazione sociale e politica. Anche attraverso una sorveglianza speciale sulla “téchne”, che oggi può essere l’Intelligenza Artificiale, la tecnologia capitalistica avanzata, possibile base materiale di nuovi sfruttamenti e nuove alienazioni.

La Chiesa è un fatto totalmente umano e a partire da ciò le soluzioni politiche della Chiesa sono dettate anche dallo “spirito dei tempi”. Quando fu eletto Papa Wojtyla (16 ottobre 1978) la spirito della Storia spingeva vigorosamente a destra. E Wojtyla fu l’uomo ed il Papa della restaurazione e dell’anticomunismo praticato e vincente. Siamo convinti, da questo punto di vista, che fu la grande spinta rivoluzionaria, antimperialista e socialista dell’America Latina a contribuire fortemente ad eleggere (13 marzo 2013) Papa Francesco che, anche sulla scorta delle rivoluzioni latinoamericane, ha condotto il suo pontificato.

Da comunisti, da materialisti, non possiamo disinteressarci, con un’alzata di spalle, del fenomeno religioso, che è fenomeno di massa, delle masse popolari mondiali. Se Marx bollò la religione come “oppio dei popoli”, tuttavia scrisse anche che “la religione è un sospiro dell’anima in un mondo senz’anima” (quello borghese), e che la religione scomparirà con l’estinzione delle classi. Hugo Chavez praticò la sua idea geniale di trasformazione del sentimento popolare religioso solidale in sentimento rivoluzionario, conquistando il popolo venezuelano al socialismo.

Il filosofo greco Anassimandro affermava che l’origine dell’universo sia in un principio illimitato (apeiron) e che la stessa concezione dell’infinito imperscrutabile abbia sempre albergato nell’animo dei popoli, provocando sgomento. Seneca, filosofo romano, asseriva che il tutto universale è così oscuro e precario da gettare l’umanità nello sconforto. E, dunque, nel credo religioso.

In relazione alla scoperta della verità universale, i nostri tempi non sono molto diversi dai tempi presocratici e romani. E “l’esigenza di dio”, seppur da combattere, non pare destinata ad estinguersi. Essa rimane un’esigenza dei popoli.

Da questo punto di vista non possiamo nutrire troppe speranze che anche la Chiesa scompaia in un lampo storico. E meglio sarebbe che dal prossimo e orma vicino Conclave uscisse un altro Papa Francesco. Essere materialisti, essere comunisti.

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