Le dittature addomesticate dello Zio Sam. Articolo tratto da“La Pravda” del 28-31 marzo 2025, n°34.

di Sergei Kozhemyakin, osservatore politico de“La Pravda” (“La Pravda”, 28-31 marzo 2025, n°34; versione italiana a cura di Fosco Giannini).

L’America Latina sta vivendo un’ondata reazionaria, sostenuta dalla nuova leadership statunitense. In Argentina continuano le riforme ferocemente antipopolari del governo Miley. In Bolivia, il fronte borghese di destra si prepara alla vendetta, approfittando degli errori di calcolo delle autorità.

 Il “miracolo” della fame

Da quando gli Stati latinoamericani sono comparsi sulla mappa del mondo, la lotta di classe al loro interno non è più cessata. Ma le sue forme e i diversi gradi di intensità sono stati sempre diversi. Così, l’inizio del millennio e il principio del XXI secolo hanno portato al successo le forze di sinistra in Venezuela, Ecuador, Bolivia e altri Paesi. Anche laddove le élite tradizionali mantenevano il potere, attenuavano le loro politiche repressive per paura delle risposte di lotta dei lavoratori.

Questo periodo è già nel passato. La tendenza globale alla crescente “reazione”, che ha portato persino a una rinascita del neofascismo, ha colpito nuovamente l’America Latina. Unita ai processi locali, tra cui l’indebolimento dei movimenti progressisti, questo quadro generale ha portato a una battuta d’arresto del fronte progressista di decenni. Quest’area grande del mondo è minacciata dal ritorno delle sanguinose dittature che Washington ha alimentato nel secolo scorso per combattere “l’influenza sovietica e cubana”.

E nonostante gli eserciti si astengano ancora dal praticare il terrore aperto, iniziano a manifestarsi apertamente altre pratiche del vecchio schema imperialista. I “Chicago boys” neoliberisti tornano a imporre ricette di “terapia d’urto” e gli Stati Uniti forniscono ai loro protetti tutto il sostegno possibile. Il simbolo del degrado è stata l’ascesa al potere in Argentina dell’“anarcocapitalista” Javier Miley, che considera come suo ideale il “modello 1860”, cioè un capitalismo senza obblighi sociali.

Dopo la vittoria di Trump, la politica iperliberista di Miley è divenuta ancor più chiara. Al World Economic Forum di Davos, Miley ha definito l’Occidente “l’apice dello sviluppo umano” e il suo principale nemico “il progressismo”. Quest’ultimo – il progressismo- , ha sostenuto il presidente argentino, “è in guerra contro i valori della civiltà giudaico-cristiana, che ha dato vita al capitalismo, che è garante della vita, della libertà e della proprietà”. Non meno chiara è stata la reazione di Miley al saluto nazista di Elon Musk durante l’insediamento di Trump. Definendolo un “gesto innocente”, il leader argentino ha assicurato al miliardario Usa la sua solidarietà e la sua “disponibilità a dare la caccia ai progressisti in tutto il pianeta”. “Tremate, figli di puttana di sinistra! La libertà avanza! Evviva la libertà, accidenti!” — ha scritto Miley sui social network. Chiedendo anche la costruzione di un’ “internazionale di destra”, indicando tra le sue colonne ideologiche e politiche Trump, il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il Presidente di El Salvador Nayib Bukele e, naturalmente, “me stesso”.

Da più di un anno i cittadini argentini sopportano il peso dei capricci perversi del nuovo presidente. In questo periodo, il tasso di povertà è passato dal 42 al 53%, un adulto su cinque, mentre il 27% dei bambini soffre la fame. La dichiarata “ripresa economica” si è trasformata in un calo del 2%, alla fine del 2024, del Prodotto Interno Lordo. I dati sulla produzione industriale sono diminuiti di quasi il 10%. “Il coefficiente di Gini”, che caratterizza la vastità della disuguaglianza, è tornato in un solo anno al livello di vent’anni fa. Le aziende traggono vantaggio dalle misure neoliberiste. Gli utili delle aziende più grandi sono quintuplicati.

Nonostante questi fatti, socialmente drammatici, Miley continua a parlare del “miracolo argentino”, secondo lui dimostrabile attraverso la riduzione dell’inflazione e dal superamento del deficit di bilancio. Si tratta di una palese falsificazione, cosa che perfino diversi economisti borghesi sono costretti ad ammettere. La base del “miracolo” è l’esclusione effettiva di milioni di persone dall’economia. Le spese del bilancio federale sono state tagliate di un terzo a scapito della sfera sociale, sebbene le spese per l’esercito, la polizia e l’intelligence siano solo aumentate. I finanziamenti per l’istruzione sono stati dimezzati. Miley ha posto il veto al disegno di legge sull’indicizzazione degli stipendi degli insegnanti. Allo stesso modo, i tentativi parlamentari di aumentare le pensioni al livello dell’inflazione sono stati bloccati, cosicché gli stipendi hanno perso più della metà del loro potere d’acquisto e il tasso di povertà tra gli anziani è raddoppiato.

Il tasso di disoccupazione è salito dal 5,7 al 6,9% in un anno, e non solo a causa della “lotta alla burocrazia”. Tra coloro che sono rimasti senza mezzi di sussistenza ci sono 67mila dipendenti pubblici, 200mila cittadini che lavoravano nei lavori pubblici, 150mila dipendenti di aziende private e quasi 300mila lavoratori autonomi che non hanno resistito agli esperimenti di mercato.

  La tirannia della motosega

Come avverte Miley, questo è solo l’inizio. “Ci aspetta un lavoro più aggressivo e profondo con la motosega.” Vale a dire, una riduzione del 90% delle tasse, la completa indipendenza finanziaria delle regioni, l’abolizione delle restrizioni al prelievo di capitali da parte degli investitori e la dollarizzazione totale dell’economia. Il capitale globale è soddisfatto dell’attività delle autorità argentine. “Una rivoluzione del libero mercato che è riuscita a eliminare il veleno da un’economia malata”, così la rivista The Economist descrive Miley. “L’esempio che darete all’Argentina sarà un modello utile per il resto del mondo”, ha affermato Musk. “Stai facendo un lavoro fantastico, sono orgoglioso di te”: questo l’elogio di Trump per il suo collega argentino.

Miley ha fretta di costruirsi addosso la fiducia. Dopo la vittoria di Trump, si è recato negli Stati Uniti già ben tre volte, stipulando contratti vantaggiosi per Washington, ad esempio l’acquisto di armi statunitensi da parte dell’Argentina. Milley porta l’Argentina ad uscire dall’Organizzazione sudamericana progressista Mercosur e di concludere un accordo di libero scambio con gli Stati Uniti. Assume la stessa posizione nei confronti di Israele. “Per il suo contributo alla formazione dell’identità ebraica e alla promozione dell’orgoglio ebraico”, Miley ha ricevuto il Genesis Prize (un premio annuale di 1 milione di dollari a chi si distingue per la difesa della causa israeliana, nota del traduttore). Sono in corso trattative con aziende israeliane per lo sviluppo di giacimenti di litio e forniture di armi.

Sulla questione delle Isole Falkland (Malvinas), che Miles promise di restituire durante la campagna elettorale, è stata adottata una linea volta alla capitolazione. Le autorità, aggirando il parlamento, hanno concluso accordi con Londra sulla pesca congiunta e sulla ripresa del traffico aereo tra l’Argentina e l’Arcipelago. Il governo ha chiuso un occhio sulle attività della società israeliana “Navitas Petroleum” che, con il permesso della Gran Bretagna, sta conducendo un’estrazione e appropriazione indebita di petrolio nei pressi delle Isole. Oltre ciò, quando i rappresentanti argentini all’ONU hanno sostenuto la risoluzione per la revoca del blocco a Cuba, Miley ha immediatamente licenziato il ministro degli Esteri argentino Diana Mondino. La Società israeliana per il furto di petrolio nelle Malvinas è diretta da Gerardo Werthein, membro dell’impero imprenditoriale “Werthein Group” ed ex ambasciatore negli Stati Uniti, il quale, fervente sostenitore di Israele, prestò giuramento di fedeltà alla Torah.

Per tutti questi motivi l’Occidente chiude un occhio e anche entrambi gli occhi sulle dure politiche repressive di Miley. Le proteste, anche quando coinvolgono pensionati e studenti, vengono brutalmente represse. I musei in memoria delle vittime della giunta militare fascista di Videla del 1976-1983 vengono a mano a mano chiusi. Il segretariato per i diritti umani è stato di fatto sciolto. Con un decreto d’urgenza, Miley ha abrogato una legge del 2008 che proteggeva le terre dei nativi dalle espropriazioni minerarie. Secondo il presidente argentino, queste normative “ostacolavano la libera attività produttiva”. Decine di famiglie indiane sono state sfrattate con la forza nelle province di Chubut, Jujuy e Rio Negro, cadendo poi vittime della “libertà”. “Basta con il politicamente corretto, l’era della debolezza è finita!”, ha dichiarato il ministro della Sicurezza Patricia Bullrich, che sta supervisionando personalmente gli sfratti antipopolari.

La persecuzione dell’opposizione si sta intensificando. Un tribunale di secondo grado ha confermato la precedente sentenza pronunciata nei confronti dell’ex presidente Cristina Kirchner, che prevedeva una pena detentiva di sei anni e l’interdizione a vita dai pubblici uffici. “Con Cristina dentro, sarei felice di piantare l’ultimo chiodo nella bara del kirchnerismo”, ha dichiarato Miley prima che venisse pronunciato il verdetto. Sebbene la decisione finale spetterà alla Corte Suprema, le autorità hanno fatto approvare dal parlamento una misura che impedisce a Cristina Kirchner di candidarsi alle elezioni.

Il presidente stesso e il suo entourage non si tirano indietro di fronte a azioni particolarmente efferate e immorali. L’azienda “Mirgor”, che appartiene al clan mafioso d’origine calabrese Caputo (uno dei suoi rappresentanti, Luis Caputo, ricopre la carica di ministro dell’Economia e un altro, Nicolas, lavora come consigliere senior di Miley), appartiene ad un clan che ha aumentato i suoi profitti di 12 volte in un anno. Il capo dello Stato è coinvolto in una truffa legata alle criptovalute. Sulle sue pagine social ha chiesto investimenti nel progetto $LIBRA. La capitalizzazione di quest’ultima è cresciuta immediatamente fino a 5 miliardi di dollari, dopodiché i proprietari hanno portato la “bella somma” all’estero. In seguito a ciò si è assistito al “crollo della piramide economico-finanziaria”, che ha bruciato i risparmi di 40 mila persone. Accusando Miley di frode, l’opposizione ha avviato una procedura di impeachment.  Questo è l’intero sistema economico costruito dalle nuove autorità. Già con un debito estero di 74 miliardi di dollari, di cui 41 dovranno essere riconsegnati al Fondo Monetario Internazionale (FMI), Miley si è rivolto nuovamente allo stesso FMI al fine di ottenere nuovi prestiti, ratificando in questo modo l’assoluta dipendenza e subordinazione a Washington.

Tuttavia, nonostante la repressione, in Argentina continuano le proteste. “Ma per portare la lotta su binari politici, sarebbe necessario un forte movimento di sinistra e di classe”, lo afferma il Partito Comunista Argentino, che chiede la costruzione di un Fronte, di un’ampia alternativa anti-imperialista a Miley e ai monopoli.

Bolivia: scissione fatale

Purtroppo, le forze progressiste non sempre comprendono l’importanza dell’unità di fronte alle sfide più difficili. In Bolivia si sta accentuando la spaccatura all’interno del partito al governo “Movimento verso il Socialismo” (MAS) a causa dello scontro tra l’ex presidente Evo Morales e l’attuale capo del governo, Luis Arce, anch’egli del MAS L’anno scorso ciò ha portato a uno scontro aperto. Dopo che un tribunale emise un mandato di arresto per Morales con l’accusa di aver molestato una ragazza di 15 anni, gli stessi sostenitori di Morale iniziarono a bloccare le strade ed occupare le piazze. In questa lotta interna alla sinistra boliviana  decine di persone sono rimaste ferite negli scontri con la polizia e i manifestanti hanno sequestrato/occupato diverse basi militari. Secondo le stime ufficiali, i danni causati dalle rivolte hanno superato i 2 miliardi di dollari.

Da allora, nel Paese si è instaurato un equilibrio precario. Morales resta nel dipartimento di Cochabamba, protetto da “evisti” che la pensano come lui, mentre le autorità avviano nuove indagini e cercano di tagliargli la base di sostegno. Gli “Arcistas” (i sostenitori del presidente) sono riusciti a mettere il loro protetto, Grover García, a capo del partito al governo e la corte costituzionale ha proibito a Morales di partecipare alle elezioni, con “la scusa” che egli ha già svolto due mandati presidenziali.

A sua volta, l’ex capo della Bolivia accusa gli oppositori di “distruggere l’economia” e di aver attentato alla sua vita. L’altro campo risponde con rimproveri speculari, soprattutto perché le proposte di Morales sono piuttosto contraddittorie. Ad esempio, sostiene l’attrazione di investimenti privati ​​e l’eliminazione dei sussidi sui carburanti.

Con l’avvicinarsi delle elezioni generali di agosto 2025, la situazione si fa sempre più critica. Morales, nonostante il divieto, ha annunciato la sua intenzione di candidarsi per il piccolo partito Fronte per la Vittoria. In vista della registrazione dei candidati, prevista per l’inizio di maggio, promette di portare migliaia di sostenitori a La Paz e, in caso di “ostacoli”, di rivolgersi alla “comunità internazionale”. Il “Movimento al socialismo” molto probabilmente nominerà Arce quale suo candidato alla presidenza. “Siamo gli unici che possono sconfiggere la destra. Le elezioni saranno una lotta tra l’imperialismo e la Patria”, ha detto Arce, l’attuale presidente e futuro candidato, ricordiamo, sempre del MAS.

La situazione socio-economica, tuttavia, gioca a sfavore della leadership del Paese. L’inflazione ha raggiunto il 10%, il livello più alto degli ultimi 16 anni. L’aumento dei prezzi del riso e della carne e la carenza di carburante ha colpito la gente comune. Il governo ha introdotto controlli sui prezzi, il che ha suscitato critiche da parte delle aziende. Il presidente della confederazione degli imprenditori privati, Giovanni Ortugno, ha chiesto una riduzione della spesa di bilancio, l’introduzione di misure di austerità e garanzie per gli investimenti privati.

Le riserve di valuta estera della Bolivia sono scese, da un picco di 15 miliardi di dollari nel 2014, a 1,7 miliardi di dollari, con le autorità costrette a spendere soldi per le importazioni di carburante poiché la produzione nazionale di petrolio e gas è diminuita a causa dell’esaurimento dei giacimenti esistenti. Essendo il leader mondiale nelle riserve di litio, il Paese ha firmato contratti con aziende cinesi e russe, ma la produzione a pieno regime è stata ritardata. L’opposizione di destra e gli “evisti” di Morales ritengono sfavorevoli i termini degli accordi e ne bloccano la ratifica.

La borghesia approfitterà sicuramente della situazione favorevole per rovesciare il governo di sinistra. L’ex presidente Jorge Quiroga, il sindaco di Cochabamba Manfred Villa e l’imprenditore Samuel Doria Medina hanno annunciato le loro candidature. Stanno viaggiando per il Paese, reclutando sostenitori e contando sull’aiuto di Washington. Gli Stati Uniti hanno da tempo messo gli occhi sulla Bolivia e sulle sue ricche risorse. Basti ricordare l’ammissione di Musk del suo coinvolgimento nel colpo di stato del 2019. “Per gli Stati Uniti, la Bolivia è importante non solo come potenziale fonte di minerali, ma anche come campo di battaglia nella competizione con Cina e Russia”, ha sottolineato il “Wilson Center”, un think tank vicino alla Casa Bianca. “I problemi economici della Bolivia e la frammentazione del movimento indigeno hanno aumentato le probabilità di una vittoria dell’opposizione.” Il centro conta su Villa, che “avvierà le riforme di mercato e adotterà misure per attrarre investimenti occidentali”.

Gli Stati Uniti sono chiaramente scontenti del fatto che il volume degli investimenti cinesi nell’economia boliviana abbia superato i 6 miliardi di dollari, mentre gli investimenti americani ammontano a 430 milioni di dollari. Alla fine di febbraio è entrato in funzione uno stabilimento metallurgico nella città di Puerto Suarez, costruito con l’aiuto finanziario della Cina. Una delegazione iraniana ha visitato anche la Bolivia e Washington non perdona una simile “ostinazione”.

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