Di Orazio Di Mauro

La figura di Donald Trump ha seguito una strategia di politica estera che quasi sempre ha suscitato dibattiti e controversie. Una delle ipotesi che ho da tempo ipotizzato è che ci fosse alla base delle sue azioni un tentativo di distogliere l’attenzione dell’elettorato statunitense dai grandi conflitti con potenze come Cina, Russia e Iran verso conflitti minori con Canada, Groenlandia e il Canale di Panama. Questa strategia nella visione trumpiana si colloca come un tentativo di evitare il rischio di sconfitta contro avversari più forti, mantenendo al contempo un’immagine di forza e risolutezza. Inoltre, Trump ha mostrato una disposizione verso una transizione al multipolarismo senza guerre e stermini del tutto assente nei suoi predecessori come Busch, Obama e Biden.
Evitare i Grandi Conflitti
Le tensioni con Cina, Russia e Iran sono state una costante durante la presidenza Biden. Tuttavia, affrontare direttamente queste potenze avrebbe comportato rischi significativi, sia in termini di perdite umane che di risorse economiche e Biden se ne è guardato bene dall’entrare in guerra. La Cina, con la sua crescente potenza economica e militare, rappresenta una sfida formidabile. La Russia, con la sua influenza geopolitica e le sue capacità militari, è un avversario temibile, capace di infliggere seri colpi alla madre patria americana. L’Iran, con la sua posizione strategica e il suo programma nucleare, rappresenta una minaccia complessa. In questo contesto, Trump ha mostrato una disposizione verso una transizione al multipolarismo, cercando di evitare conflitti diretti e stermini.
Distrazione con Conflitti Minori
Per evitare di affrontare direttamente queste potenze, Trump sta distogliendo l’attenzione degli Stati Uniti verso conflitti minori. Ad esempio, le tensioni con il Canada riguardo agli accordi commerciali e alla questione del confine hanno creato un diversivo che ha distolto l’attenzione dai problemi più grandi, è chiaro che alla fine il Canada messo sotto pressionecederà su tutte le richieste commerciali di Trump. Allo stesso modo, l’idea di acquistare la Groenlandia dalla Danimarca ha suscitato scalpore e ha distolto l’attenzione dai conflitti più gravi. La Groenlandia è 7 volte l’Italia e ha solo 56000 abitanti, basterebbe una compagnia di marines per occuparla. Infine, le tensioni riguardo al controllo del Canale di Panama hanno creato un altro punto focale che ha distolto l’attenzione dalle sfide più grandi. Questi conflitti minori permettono a Trump di mantenere un’immagine di forza, mentre mostra una disposizione verso una transizione al multipolarismo senza guerre.
Consapevolezza del Rischio di Sconfitta
Questa strategia di distrazione potrebbe essere vista come un segno della consapevolezza di Trump del rischio di sconfitta contro avversari più forti. Affrontare direttamente Cina, Russia o Iran comporterebbe rischi enormi e potenziali sconfitte che potrebbero danneggiare la sua immagine e la posizione degli Stati Uniti nel mondo. Concentrandosi su conflitti minori, Trump riuscirà a mantenere un’immagine di forza e risolutezza senza dover affrontare direttamente le potenze più grandi. Inoltre, questa strategia riflette la sua volontà di una transizione al multipolarismo senza guerre e stermini.
Il Caso Cecilia Sala e la Liberazione di Abedini
Un esempio significativo di questa strategia è il caso della giornalista italiana Cecilia Sala. Secondo il Wall Street Journal, la premier italiana Giorgia Meloni ha incontrato Trump a Mar-a-Lago per discutere della necessità di liberare Mohammad Abedini Najafabadi, un iraniano arrestato a Malpensa su richiesta degli Stati Uniti, come parte di uno scambio di prigionieri. Meloni è tornata fiduciosa che Trump avesse compreso l’importanza di liberare Sala per l’interesse nazionale italiano. Questo episodio dimostra come Trump abbia utilizzato la diplomazia e gli scambi di prigionieri per evitare conflitti diretti con potenze come l’Iran, mantenendo al contempo un’immagine di forza e potenza. Questo caso evidenzia ulteriormente la sua disposizione verso una transizione al multipolarismo senza guerre e stermini. Trump quindi non avrebbe problemi ad accettare la liberazione dell’iraniano anche perché la richiesta di arresto è stata fatto dall’amministrazione Biden e Trump cerca in tutti i modi di umiliare le amministrazioni democratiche quindi la liberazione degli iraniano sarebbe presentata da Trump come un grave errore da parte di Biden che lui lo avrebbe risolto.
Le Quattro Scuole di Pensiero nella Politica Estera Americana
Perché sia chiaro che la posizione di Trump non è una posizione nuova nella politica statunitense bisognerebbe ricordare ciò che scrive Walter Russell Mead nel suo saggio sulla storia della politica estera americana dal titolo, il serpente e la colomba. Mead identifica quattro principali orientamenti nella politica estera americana:
- Hamiltoniani: Enfatizzano l’importanza dell’economia e del commercio internazionale. Credono che una forte economia sia essenziale per la sicurezza nazionale e promuovono relazioni commerciali globali.
- Jeffersoniani: Prioritizzano la difesa della democrazia e dei diritti civili. Sono scettici riguardo agli interventi militari all’estero e preferiscono concentrarsi sulla costruzione di una società democratica all’interno degli Stati Uniti.
- Jacksoniani: Mossi da principi populisti e dalla preoccupazione per l’onore della nazione. Sostengono una politica estera aggressiva e credono nella difesa vigorosa degli interessi nazionali.
- Wilsoniani: Mettono al primo posto i valori morali e credono che gli Stati Uniti abbiano la responsabilità di diffondere la democrazia e i diritti umani nel mondo. Promuovono interventi internazionali per proteggere i diritti umani e stabilire la pace.
Trump come Jacksoniano Realista
Donald Trump si inserisce adeguatamente nella scuola di pensiero Jacksoniana. I Jacksoniani sono noti per il loro approccio populista e nazionalista alla politica estera, mettendo al primo posto l’onore e gli interessi della nazione. Credono in una politica estera aggressiva e sono pronti a difendere vigorosamente gli interessi nazionali. Durante la sua presidenza, Trump ha adottato una politica estera che rifletteva molti di questi principi. Ha enfatizzato il concetto di “America First”, cercando di proteggere gli interessi economici e di sicurezza degli Stati Uniti. Ha mostrato una forte avversione per gli interventi militari prolungati all’estero, preferendo invece azioni rapide e decisive. Inoltre, ha spesso utilizzato una retorica populista per galvanizzare il sostegno interno e ha adottato una posizione dura nei confronti di paesi come Cina e Iran. Questi elementi della politica estera di Trump sono in linea con la tradizione Jacksoniana, che privilegia la difesa degli interessi nazionali e l’uso della forza quando necessario, ma evita gli impegni internazionali prolungati e complessi. Mai un jacksoniana si sarebbe imbarcato nella prima guerra mondiale ne nella guerra del Vietnam o della Corea Trump è perfettamente un jacksoniano, declinato nel modo di fare politica nel ventunesimo secolo.
Conclusione
La strategia di Trump di distogliere l’attenzione degli Stati Uniti dai grandi conflitti con Cina, Russia e Iran, concentrandosi invece su conflitti minori con Canada, Groenlandia e il Canale di Panama, può essere vista come un tentativo di evitare il rischio di sconfitta contro avversari più forti. Questa strategia permette a Trump di mantenere un’immagine di forza e determinazione, pur evitando i rischi significativi associati ai grandi conflitti. Tuttavia, questa strategia solleva domande sulla capacità degli Stati Uniti di affrontare le sfide globali più complesse e sulla sostenibilità a lungo termine di una politica estera basata sulla distrazione. Inoltre, la sua disposizione verso una transizione al multipolarismo senza guerre e stermini rappresenta un aspetto significativo della sua politica estera. Il multipolarismo si avvicina a grandi passi.
