Il XXII Congresso del Partito Comunista Portoghese: dal nostro inviato. Una “linea di massa” per un “lavoro di massa” in senso trasformativo e rivoluzionario.

Da Lisbona di Gianmarco Pisa responsabile esteri MpRC

Aperto quest’oggi, 13 dicembre 2024, il XXII Congresso del Partito Comunista Portoghese (PCP) è una tappa fondamentale per i comunisti e le comuniste portoghesi e, in generale, una data cruciale nel percorso di elaborazione e di rafforzamento del complesso delle formazioni comuniste in Europa, chiamate da più parti, come i compagni e le compagne in Portogallo del resto, a misurarsi con le contraddizioni del nostro tempo, con le sfide della fase storica e politica dell’attualità, con i fenomeni storici, peraltro collegati, dell’aggravarsi della crisi del capitalismo e del radicalizzarsi della dinamica di guerra sempre più propriamente mondiale.

Ampia e articolata, in questo congresso, un congresso di linea e di programma, al quale il Movimento per la Rinascita Comunista ha partecipato con una propria delegazione (composta dai compagni Annita Benassi e Gianmarco Pisa), peraltro in un novero selezionato di delegazioni internazionali presenti (aspetto il cui rilievo politico è di per sé evidente), è stata la relazione di apertura del Segretario generale del PCP, Paulo Raimundo, che ha affrontato tutti i temi dell’agenda politica e ha sviluppato una compiuta panoramica della situazione generale attuale. Sin dall’introduzione è stato infatti messo in luce il senso di un “congresso con caratteristiche uniche, il cui stesso processo di costruzione è inseparabile dal Partito che siamo, dalla nostra identità comunista, dalla nostra storia, dal legame con i lavoratori e con il popolo, dall’ideale che assumiamo e per il quale lottiamo e dal progetto di trasformazione della società che intende conseguire. In questi mesi, il Partito è stato chiamato a individuare questioni, problemi e percorsi, per comprendere e intervenire nella realtà che abbiamo di fronte”, problemi e questioni che sono appunto il centro del dibattito congressuale.

Tre elementi risaltano, in particolare, tra le grandi questioni poste in evidenza sin dalla relazione introduttiva. Il primo, l’accentuarsi della lotta di classe condotta dalle classi possidenti e dai ceti proprietari, dai circuiti e dalle élite al potere, radicalmente e violentemente diretta contro gli oppressi e gli sfruttati, alla quale si accompagna non solo l’inasprimento delle condizioni di vita e di lavoro dei più larghi strati delle masse popolari, ma anche una pesante offensiva ideologica, reazionaria, revisionista: “una intensa lotta ideologica, espressione della lotta di classe che permea il nostro tempo. I meccanismi di condizionamento e di controllo ideologico ancorati a giganteschi gruppi economici che controllano i media e le reti digitali e che cercano di imporre un pensiero unico e mascherare la vera natura del capitalismo si stanno intensificando su scala globale. Ignorare questa offensiva sarebbe non solo ingenuo, ma pericoloso per la nostra lotta. Un’offensiva che si svolge in un mondo che cambia, con sviluppi rapidi e preoccupanti, dove il capitalismo rivela appieno tutta la sua natura sfruttatrice, oppressiva, aggressiva, rapace e predatoria”.

È in questa cornice, quella di un mondo sempre più ingiusto e diseguale, instabile e pericoloso, che si viene a collocare la lotta dei comunisti per la costruzione di “una nuova società libera da ogni forma di sfruttamento e di oppressione” che si afferma come una necessità storica, che spetta al popolo portare avanti, spinta dalla lotta dei lavoratori, nel senso del “superamento rivoluzionario del capitalismo da parte del socialismo quale esigenza per l’oggi e per il domani”. Lo spazio della sovranità, sempre più eroso e minacciato, va quindi difeso come spazio di sovranità democratica e popolare e non è un caso che la relazione di apertura esplicitamente faccia riferimento, tra le altre cose, alla “Unione europea che è sempre più uno strumento e uno spazio di dominio monopolistico, determinato dalle grandi potenze capitaliste europee, esse stesse allineate e subordinate alla strategia degli Stati Uniti e della Nato”. Un tema di democrazia, di giustizia sociale e di pace, che pone la questione politica in termini radicali: “lo sviluppo del Paese nel prossimo futuro dipenderà dall’esito del confronto tra coloro che mirano a concludere e stabilizzare definitivamente il processo controrivoluzionario e le forze che, ancorate ai valori dell’aprile (di quella passata alla storia come Rivoluzione dei garofani del 1974, a orientamento socialista), vi resistono”.

Ai valori dell’aprile e agli sviluppi del processo rivoluzionario del 1974 sono infatti legati anche gli aspetti più avanzati ed emancipatori della Costituzione portoghese, che ad esempio, nella sua prima formulazione rivoluzionaria (1976), istituendo un sistema democratico multipartitico, faceva riferimento alla transizione verso il socialismo, a un’economia a orientamento socialista, e al più ampio spazio ai diritti dei lavoratori e ai doveri di solidarietà economica e sociale. Sebbene più volte (contro-)riformata nel senso di ridurre e di depotenziare tali caratterizzazioni, la Costituzione portoghese attualmente in vigore mantiene, nel Preambolo, l’espressione della “decisione del popolo portoghese di difendere l’indipendenza nazionale, garantire i diritti fondamentali dei cittadini, stabilire i principi fondamentali della democrazia, assicurare il primato di uno Stato democratico basato sullo stato di diritto e aprire la strada verso una società socialista, nel rispetto della volontà del popolo e verso la costruzione di un Paese più libero, giusto e fraterno”, nonché, all’art. 9, tra i compiti fondamentali dello Stato, quello di “promuovere il benessere e la qualità della vita delle persone e la reale uguaglianza tra i portoghesi, nonché l’effettiva attuazione dei diritti economici, sociali, culturali e ambientali attraverso la trasformazione e la modernizzazione delle strutture economiche e sociali”, e, all’art. 80, la definizione costituzionale del sistema economico in termini di “economia mista” e la questione fondamentale della “subordinazione del potere economico al potere politico democratico”.

A questa cornice politica si lega idealmente anche il secondo tema della relazione introduttiva, vale a dire lo sviluppo di una lotta ancora più coraggiosa e serrata nel senso della lotta sociale e della lotta democratica: “in questi tempi, la difesa del regime democratico, sancito dalla Costituzione, richiede allo stesso tempo la mobilitazione dei lavoratori e del popolo per i loro interessi e per le loro condizioni di vita e di lavoro, la mobilitazione per la rottura con la politica di destra al servizio del grande capitale e la fiducia e la mobilitazione nella costruzione di un’alternativa patriottica e di sinistra”. Il Partito comunista, come forza organizzata e avanguardia organica dei lavoratori e delle masse popolari, è, in questa battaglia, essenziale: “il Partito Comunista Portoghese è la forza più conseguente nella lotta per la rottura con la politica di destra, l’argine più solido nella difesa del regime democratico e nel chiedere il rispetto della Costituzione, elementi di per sé inseparabili dalla lotta per un Portogallo di sviluppo, di progresso e di sovranità”. In questa lotta, “la difficoltà non sta nel contenuto dell’alternativa, la sfida sta nel capire come si costruisce, su chi contare e nella fiducia riguardo alla reale possibilità della sua realizzazione. Per l’alternativa patriottica e di sinistra, non c’è né colpo d’ala né soluzione magica. È necessario resistere, avere fiducia nei lavoratori e nel popolo, conoscere il terreno su cui ci troviamo, confidare nelle giuste ragioni della nostra lotta. È necessario prendere l’iniziativa e lottare, lottare ancora più duramente e con ancora più persone, rafforzare le organizzazioni dei lavoratori e delle masse, aumentare la loro partecipazione, espandere la convergenza dei democratici e dei patrioti, rafforzare il Partito”.

È il presupposto del terzo grande tema della relazione congressuale: lo sviluppo della lotta, sul piano politico, sociale ed economico, per un avanzamento generale del quadro nazionale: lavoro, salario, diritti sociali, in particolare promuovendo “un ampio intervento sui problemi dei lavoratori, delle masse popolari e del Paese, come le iniziative nazionali sui diritti dei lavoratori, tra cui quella portata avanti sotto il motto “Più forza ai lavoratori”, l’iniziativa generale “Vivere meglio nella nostra terra”, il programma dedicato alla produzione nazionale, gli incontri nazionali sulla cultura, le iniziative nazionali su casa, salute, protezioni sociali, contro la guerra e nella lotta per la pace e la solidarietà internazionalista, in particolare con il popolo palestinese”. Come segnala appunto il tema generale del congresso: prendere l’iniziativa attorno a tutti i problemi concreti che toccano la vita delle persone in tutti gli ambiti e su tutto il territorio nazionale.

È da questa prospettiva che è possibile dunque delineare, in sintesi, il quadro di intervento tracciato dal XXII congresso, la cui importanza è rilevantissima e strategica: un congresso, come si è detto in apertura, di linea e di programma; solidamente proiettato nella vicenda e nelle contraddizioni nazionali, ma ben consapevole del quadro e dello scenario internazionale; basato sul richiamo (non retorico, ma come fattore di lotta politica e di lotta sociale) ai valori dell’aprile, a difesa delle conquiste (e della eredità storica e politica) della Rivoluzione del 1974 e per un avanzamento effettivo della democrazia in senso socialista; dalla parte dei lavoratori e delle lavoratrici, dalla parte delle masse popolari e contro le “forze della reazione” (quindi, in generale, contro le destre e contro le politiche di destra, non solo “contro la destra”, ad esempio, di Iniziativa liberale e dei neofascisti di Chega, ma anche “contro le politiche di destra”, ad esempio, dei socialdemocratici del PS e dei conservatori del PSD); per la difesa, lo sviluppo e l’avanzamento dei diritti e del potere dei lavoratori e delle lavoratrici (si inserisce in tal senso anche l’iniziativa legislativa, assunta in Parlamento in primo luogo proprio dal PCP, per l’aumento del salario minimo nazionale a 1.000 euro con il Progetto di risoluzione n. 445/XVI/I recante l’Aumento del salario minimo nazionale per il 2025); per la difesa, lo sviluppo e l’avanzamento dell’apparato produttivo e dell’economia pubblica (effettivo ruolo dello Stato e proprietà statale nei settori fondamentali dell’economia); per la difesa, lo sviluppo e l’avanzamento dei servizi pubblici e sociali; indicando l’esigenza strategica del consolidamento e del rafforzamento del Partito e della battaglia per il rilancio e il potenziamento dell’iniziativa, in tutti gli ambiti, politico, sociale, economico, ideologico e culturale.

Si tratta di una declinazione potente dell’articolazione di una “linea di massa” per un “lavoro di massa”, in senso, si direbbe, autenticamente gramsciano, una linea capace di organizzare e unire il movimento di massa, di affermare i bisogni, le istanze, la centralità del movimento di massa, a partire dalla centralità del movimento dei lavoratori e delle lavoratrici, come centro della dinamica nazionale e internazionale, di spingere verso conquiste sempre più avanzate e una prospettiva di trasformazione generale dello stato di cose presenti, proprio nel senso per cui il movimento comunista non è un’aspirazione astratta, ma propriamente “il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente”. Dal XXII Congresso del PCP un’indicazione fondamentale in tal senso.

Riferimenti:

Intervenção de Paulo Raimundo, Secretário-Geral do PCP, Abertura do XXII Congresso do PCP, 13.12.2024:

Projecto de Resolução N.º 445/XVI/I, Aumento do Salário Mínimo Nacional para 2025, 20.11.2024:

Costituzione della Repubblica Portoghese, settima revisione, 2005:

Immagine:

XXII Congresso del PCP, Complexo Municipal dos Desportos «Cidade de Almada», foto di G. Pisa.

Lascia un commento