La morte degli operai della Toyota di Bologna, l’ipocrisia generale, il silenzio e l’esigenza della lotta

Di Fosco Giannini

Ma che Paese è diventato, questo? Non ce lo chiediamo con quella rabbia, a volte persino populista, che cresce di fronte alle tante brutture, ai tanti orrori quotidiani che attraversano la società, che segnano la nostra vita, personale e collettiva. Ce lo chiediamo freddamente, con cognizione di causa, dopo aver valutato lo stato reale delle cose. Di cosa parliamo? Del fatto che oggi, 27 ottobre 2024, a soli 4 giorni dall’esplosione alla Toyota Material Handling di Borgo Panigale, (Bologna), esplosione che ha portato alla morte due giovani operai (Fabio Tosi e Lorenzo Cubello, alle cui famiglie vanno le nostre, dolorosissime, condoglianze, ancor più dolorose perché provenienti da una coscienza di classe che, da comunisti, ci viene dal possedere gli strumenti capaci di collocare queste due ulteriori morti operaie nel quadro di un più generale, violento e cinico sfruttamento dei lavoratori) e al ferimento di altri 11, a soli 4 giorni da questo nuovo assassinio di classe, tutti sembrano già aver dimenticato. Dopo la (modesta, controllata) “musica funebre” suonata dai media tra mercoledì 23 e giovedì 24 ottobre, “l’incidente”, l’assassinio, è precipitato nel silenzio.  Nessun giornale, dal Corriere della Sera a la Repubblica, dal Fatto Quotidiano a il Manifesto, nessuna testata ha creduto più opportuno dare forte rilievo alla morte di Fabio e Lorenzo e al ferimento (in alcuni casi anche grave) degli altri 11 operai.

Subito dopo la morte dei due lavoratori si è alzata la voce, terribilmente, insopportabilmente retorica, del Presidente Mattarella che, finto come il pianto di una prefica, come in una liturgia tanto scontata quanto vuota, ha declamato, con voce teatrale, “mai più”, chiedendo allo Stato italiano “di scendere in campo con più forza, perché la sicurezza sul lavoro, oltre che essere una prescrizione costituzionale, è anzitutto una questione di dignità umana”. Va certamente bene, Presidente Mattarella, ma lei, non è anche lei lo Stato, la massima carica dello Stato? Non può ricordarsi, prima che il sangue operaio si versi, che la sicurezza sul lavoro è prescrizione costituzionale? Non può intervenire prima, sollecitare il governo prima che gli operai muoiano, dato che lei stesso dovrebbe sapere che sono già state 700 le morti bianche, sino a questo ottobre 2024?

E il Presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, non può evitare di scaricare volgarmente quelle tonnellate di ipocrisia che ha scaricato dopo la morte di Fabio e Lorenzo, quando ha affermato “Confermo il nostro massimo impegno (“l’impegno” di Confindustria! n.d.r.) verso un obiettivo comune e condiviso: azzerare le morti sul lavoro”. Possono essere credibili, dottor Orsini, le sue parole da Presidente dei padroni italiani nello stesso momento in cui si alza lo sfruttamento operaio nelle fabbriche, si accelerano in modo “toyotista” i ritmi di lavoro, (ricordiamoci che fu proprio la Toyota, ormai molti anni fa, a introdurre nelle sue fabbriche della prefettura di Aichi, in Giappone, estendendolo poi all’intero sistema capitalista internazionale, il nuovo e brutale modo di lavorare, appunto “toyotista”), si cancellano tanta parte dei sistemi di sicurezza perché “inficerebbero” il profitto (ci ricordiamo i 7 morti operai della ThyssenKrupp, bruciati vivi a Torino per la mancanza delle minime strutture di sicurezza, tra il 5 ed il 6 dicembre del 2007?)  e si portano i salari italiani ad essere i più bassi dell’intera Unione europea?

E lei, dottor Michele Candiani, amministratore delegato della Toyota Material Handling di Borgo Panigale, lei che – hanno scritto i giornali di Bologna- “provatissimo ha deposto fiori sul luogo della morte di Fabio e Lorenzo”, lei non si vergogna di deporre fiori e, contemporaneamente, dichiarare che 850 operai della stessa Toyota bolognese saranno messi in cassa integrazione dallo stesso 23 ottobre – giorno della morte capitalista di Fabio e Lorenzo – e non si sa sino a quando?

E lei, Marina Calderone, Ministro del Lavoro del governo Meloni, non sente, a posteriori, tutta l’ambiguità, la terribile assenza di verità, di realtà e mancanza di dolore sociale e politico che le sue parole, pronunciate dopo i due assassinii operai alla Toyota, hanno rivelato, quando così sono maldestramente uscite dalla sua bocca: “Il miglioramento della cultura e delle condizioni di sicurezza, non solo sul lavoro, restano la priorità assoluta”. “Restano la priorità assoluta”, dice lei, e di fronte a due cadaveri operai se la cava con poco, ma una cosa concreta quando la fa il suo governo? È un governo dei padroni, subordinato alle grandi famiglie del capitale italiano e alle politiche liberiste e antioperaie dell’Ue e sappiamo che il governo Meloni – consustanziale al liberismo della borghesia – a non potrà mai fare nulla contro il profitto del capitale, nulla per costringere i padroni ad introdurre le necessarie misure di sicurezza nelle fabbriche, nulla per spostare una parte piccola del profitto verso la sicurezza di chi sta, giorno e notte, accanto al fuoco, spesso mortale, della produzione. Oltretutto, Ministro del Lavoro, proprio non poteva fare a meno di affermare, come ha fatto, che “il miglioramento della cultura e delle condizioni di sicurezza, non solo sul lavoro, restano la priorità assoluta”? Non solo sul lavoro, eh? Sappiamo a cosa allude lei, “indipendente di centro-destra”: allude alla lotta spietata che dal governo conducete, sino alla deportazione in Albania, contro gli immigrati, da qui “la sicurezza, non solo sul lavoro…”. Non si vergogna di tirar fuori questo orrore, di rilanciare questa propaganda razzista anche di fronte ai corpi senza vita di Fabio e Lorenzo?

E Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, sei sicuro di avere la coscienza a posto, dopo aver affermato che “Anni fa, il metodo ‘toyotista’ era considerato centrale. C’erano zero infortuni, zero morti. Il fatto che oggi si sia di fronte ad una situazione del genere vuol dire che si è affermato in questi anni un’idea di fare impresa in cui la sicurezza continua ad essere un costo”.

Ma Landini, cosa dici? Da decenni, dal momento in cui il “toyotismo” – i folli, nevrotici, ritmi “giapponesi” di produzione e rimozione dei sistemi di sicurezza – si è affermato ed è dilagato nelle fabbriche, nei cantieri navali e in quasi tutta la produzione industriale, gli infortuni, le cecità, le amputazioni, i tumori e le morti degli operai sono aumentate in modo notevole. Questo come prima questione. Ma poi, ti sei accorto adesso che “il fatto che oggi si sia di fronte ad una situazione del genere vuol dire che si è affermato in questi anni un’idea di fare impresa in cui la sicurezza continua ad essere un costo”. Sinora dove sei stato? Non hai più visto una fabbrica?

E ancora, caro compagno Landini, può la Fiom, di fronte alle due morti operaie, agli 11 operai feriti anche gravemente e alla dichiarazione dell’amministratore delegato della Toyota di Borgo Panigale annunciante la cassa integrazione per 850 operai, della stessa fabbrica dove sono morti Fabio e Lorenzo, può la Fiom, come è avvenuto, lanciare poche ore di sciopero nel bolognese, dicendo, tra l’altro, che non si estende la lotta per rispetto dei cittadini bolognesi colpiti dal maltempo? Perché, la classe operaia, uccisa, colpita, ferita, sfruttata finisce a Bologna? Il movimento operaio italiano non potrebbe, non dovrebbe esprimere, con la lotta, con lo sciopero, la solidarietà agli operai della Toyota? E spuntare le unghie alla prepotenza padronale? Un tempo, Di Vittorio, di fronte alla morte operaia, di fronte al ferimento di ben 11 operai, di fronte ad 850 lettere di cassa integrazione per i lavoratori della stessa fabbrica della morte, avrebbe lanciato una mobilitazione operaia nazionale! Ma quella era una Cgil di lotta e di classe: ora che cosa è?  Le morti di Fabio e Lorenzo, la cassa interazione di massa, non sono forse segni dell’attacco generale del capitale (preferisci dire dell’impresa privata? Come vuoi, Landini, tanto se non è zuppa è pan bagnato…), dell’attacco contro tutto il mondo del lavoro?  La verità è che ormai la lotta di classe, meno che ai padroni, fa paura a troppi. Ed è per questo che i comunisti si vanno riorganizzando, si vanno di nuovo unendo; è per questo che noi del MpRC chiediamo una lotta nazionale per denunciare la morte di Fabio e Lorenzo e contro la cassa integrazione (non si sa sino a quando, sino al licenziamento?) degli 850 operai della Toyota Material Handling di Borgo Panigale. Ed è per questo, anche se a te non interessa, compagno Landini, che noi del MpRC vogliamo unire i comunisti e rimettere in campo un partito comunista forte, di lotta, che sappia soffrire e reagire con il conflitto di fronte alla morte di giovani operai come Fabio e Lorenzo, al ferimento di altri 11 lavoratori (soffriranno anch’essi, qualcuno ci pensa? E magari saranno tra gli 850 colpiti dalla cassa integrazione…). Vogliamo ricostruire un partito comunista per colmare un vuoto generale di lotta che mette paura, che evoca il ritorno del connubio padroni-fascismo. Capace di svegliare le coscienze, di essere un megafono che urli forte un messaggio: se muore un operaio è tutta la classe operaia a morire ed è tutta la classe operai a dover insorgere e lottare!

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