A cura di Orazio Di Mauro

Le memorie dell’ambasciatore sovietico Alexander Vinogradov, pubblicate postume nel 2012, offrono una rara e preziosa testimonianza sulla politica estera sovietica durante i conflitti mediorientali degli anni ’70, in particolare durante la sua esperienza in Egitto e Iran. Tuttavia, queste memorie rimangono praticamente sconosciute in Occidente e hanno ricevuto poca attenzione da parte degli studiosi non russi. Una delle poche copie esistenti di questo testo è conservata presso l’Università Ebraica di Gerusalemme, rendendolo un documento difficile da reperire e accessibile solo a pochi specialisti. La scarsità di traduzioni o studi dettagliati su queste memorie ne ha limitato la diffusione e l’analisi al di fuori dei circoli accademici specializzati, contribuendo alla loro sostanziale invisibilità nel dibattito internazionale sulla diplomazia sovietica nel Medio Oriente.
Tra le figure più importanti nello scenario mediorientale degli anni ’70 si distingue Alexander Vinogradov. Fu un grande ambasciatore che comprese e svolse il suo ruolo di diplomatico con precisione e abilità. Vinogradov fu nominato ambasciatore il giorno dopo la morte di Nasser. Nasser, bisogna sempre ricordarlo, fu un fedele alleato di Mosca, nonostante all’interno del suo Paese perseguitasse i comunisti. Tuttavia, i sovietici non esitarono a sostenere Nasser, come dimostra la guerra di attrito (1967-1970), durante la quale l’Egitto, tormentato dai bombardamenti israeliani dopo la Guerra dei Sei Giorni, ricevette l’aiuto sovietico per difendersi.
Vinogradov arrivò al Cairo il giorno dopo i funerali di Nasser, prendendo subito contatto con il nuovo presidente Sadat. Con acuta intuizione e conoscenza degli esseri umani, comprese che Sadat intendeva rompere i legami con Mosca e avvicinarsi agli Stati Uniti. Tuttavia, Sadat sapeva che per giustificare questo cambiamento avrebbe dovuto prima ottenere una vittoria, almeno simbolica, contro Israele, così da apparire come il vero leader dell’Egitto, mentre l’ombra del defunto Nasser ancora incombeva su di lui. Ma le cose sul terreno andarono in maniera veloce. L’astuzia dei comandanti egiziani era imprevista ed essi servirono di un sistema idraulico usando le acque. Del Mar Rosso, per. isolare i fortini della linea Barletta. Preso alla sprovvista Sadat rimase passivo e le divisioni corazzata egiziane furono lasciate ferme quando per decine e decine di km non vi erano forze israeliane. Quindi, con molto anticipo rispetto alle previsioni, esercito egiziano si era trovato ad avere tutto il controllo della sponda orientale del Canale di Suez. Sa’d al-Shadhli sarà l’unico generale egiziano a non condividere e capire il comportamento di Sadat che negò a Shazly di spostare alcune delle brigate corazzate egiziane per incalzare le truppe israeliane in ritirata.
Alexander Vinogradov, oltre a essere testimone del conflitto arabo-israeliano del 1973, osservò anche un radicale cambiamento nella politica estera dell’Egitto. Durante il suo mandato al Cairo, vide con preoccupazione il distacco progressivo dell’Egitto dalla sua storica posizione filo-sovietica verso un allineamento con gli Stati Uniti, orchestrato da Anwar Sadat. Questo tradimento, come lo descrisse Vinogradov, non solo isolò l’Unione Sovietica in una regione cruciale, ma ebbe conseguenze devastanti per i suoi alleati, in particolare la Siria. Ad orchestrare la realtà fu Henri Kissinger. L’idea era abbastanza ardita, le forze egiziane sarebbero scattate all’attacco del Canale di Suez. Sarebbero transitate nella sponda orientale del canale. Questo sarebbe stato propagandato come una grande vittoria egiziana. Non ci doveva essere essere nessuna avanzata egiziana e nella penisola del Sinai.
Il tradimento di Sadat durante la guerra del 1973 portò la Siria da una potenziale vittoria a una rovinosa ritirata. All’inizio del conflitto, i siriani riuscirono a infliggere pesanti perdite agli israeliani sul fronte del Golan. Tuttavia, Sadat, dopo aver ottenuto iniziali successi sul fronte del Sinai, esitò ad avanzare ulteriormente, lasciando il campo sgombro. Questa indecisione, combinata con il timore di un confronto diretto con gli Stati Uniti, bloccò l’esercito egiziano. Questo permise agli israeliani di riorganizzarsi e concentrare le loro forze contro la Siria. Senza l’appoggio egiziano, l’esercito siriano subì una devastante controffensiva israeliana, che causò perdite ingenti di uomini e mezzi, obbligandolo a una disastrosa ritirata.
Vinogradov documenta nelle sue memorie come la riluttanza di Sadat a continuare l’avanzata durante la guerra del 1973, nonostante le iniziali vittorie sul fronte del Sinai, avesse lasciato la Siria esposta all’attacco massiccio delle forze israeliane. Questo evento contribuì al deterioramento delle relazioni tra Egitto e Siria, con il presidente siriano Hafez al-Assad che accusò Sadat di tradimento. L’Egitto, sotto la guida di Sadat, si allontanò definitivamente dall’Unione Sovietica, firmando infine gli Accordi di Camp David del 1978 e una pace separata con Israele, lasciando la Siria in una posizione strategica di grande debolezza. Vinogradov aveva capito tutto, e chiese di essere trasferito dal Cairo ad altro incarico, non avendo più nessuna fiducia o stima di Sadat. Fu trasferito in Iran nel 1974, rimanendovi fino al 1979, divenendo testimone della rivoluzione komeinista.
Durante il suo mandato come ambasciatore sovietico in Iran, Vinogradov, come abbiamo detto, fu testimone della Rivoluzione Islamica del 1979, che vide con grande preoccupazione. A differenza di molti intellettuali europei, come Michel Foucault, che elogiavano la rivoluzione come una ribellione spirituale contro l’oppressione, Vinogradov espresse una forte avversione nei confronti del nuovo regime teocratico di Khomeini. Considerava la rivoluzione un tradimento degli ideali progressisti del comunismo e temeva che l’ascesa di un governo religioso avrebbe ostacolato la diffusione del socialismo e dell’influenza sovietica in Medio Oriente.
Le sue memorie, pubblicate nel 2012, offrono una prospettiva critica, in netto contrasto con l’entusiasmo di molti intellettuali occidentali, si vedano le corrispondenze di Michel Foucault e rappresentano una testimonianza preziosa per comprendere le dinamiche della diplomazia sovietica nel Medio Oriente in un momento cruciale della storia. Vinogradov fu una grande personalità purtroppo misconosciuta, ma che con le sue intuizioni salvo la vita a molti russi, che erano presenti alla vigilia della guerra del Kippur in Egitto, infatti alla vigilia della guerra tutto il personale sovietico fu evacuato dal Cairo. In ultimo faccio riferimento ad un opera dello storico militare israeliano. Martin Van Creveld che nella storia della potenza aerea, dal dopoguerra fino ad oggi, si fa una domanda a mio parere retorica. “Perché durante la guerra del Kippur l’Unione Sovietica rifornì abbondantemente di armi la Siria e poco. L’Egitto?”. Una simile realtà allora era sconosciuta in Occidente, si credeva esattamente il contrario. Questo piccolo testo l’ho scritto per ricordare a me stesso, ai compagni e a chi fosse interessato e che le guerre hanno come vittima inevitabile la verità. Ci vorranno anni per stabilire la verità della guerra del Kippur. Ne consegue che ci vorranno molti anni per stabilire la verità sulle attuali guerre che ci angosciano. Oggi Vinogradov riposa in un cimitero moscovita, Le sue memorie meriterebbero d’essere tradotte in lingue occidentali e lette da chi oggi vuole sapere per capire il mondo d’oggi.
Bibliografia e sitografia:
Martin Van Creveld, The Sword and the Olive: A Critical History of the Israeli Defense Force, New York : Public Affairs, 1998;
Martin Van Creveld, Air Power and Maneuver Warfare, with contributions from Kenneth S. Brower and Steven L. Canby, Alabama : Air University Press, 1994;
Saad El Shazly, The Crossing of the Suez Copertina flessibile – 1 ottobre 2003;
