Colombia: contesto storico e situazione attuale del conflitto armato

di Freddy Castro Victoria, docente di Diritto Pubblico all’Università delle Ande di Bogotà (Colombia); scrittore, dirigente delle Farc, collaboratore dei siti del Movimento per la Rinascita Comunista. Traduzione di Nunzia Augeri. Il MpRC ringrazia il professore e compagno Freddy Castro Victoria per la sua preziosa collaborazione ai nostri siti.

Bogotà, 14 settembre 2024

Contesto storico

Alla metà degli anni ’80, dopo le politiche precisate nello Statuto di sicurezza di Turbay Ayala, il governo di Belisario Betancourt scelse di risolvere il conflitto armato in Colombia attraverso negoziati, rifacendosi alle esperienze degli armistizi di Rojas Pinillas del 1953 e di Alberto Lleras Camargo del 1957 con i gruppi della cosiddetta “violenza bipartitica”, gli insorti armati dell’epoca.

Si iniziò così in Colombia una nuova forma di affrontare i conflitti armati, ricorrendo al negoziato e accordando le prime amnistie agli insorti in armi del Fronte nazionale; il tutto per un breve periodo, giacché il governo conservatore di Guillermo Leon Valencia decise di controllare l’ordine pubblico con la forza militare dello Stato, nella operazione chiamata Marquetalia, che nel 1964 diede luogo alla formazione delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia.

All’inizio del percorso di pace con le Farc Ep, con gli incontri e i dialoghi, si ebbero più delusioni che successi giacché degli incontri e i dialoghi vennero incaricati da una parte una grande commissione di notabili e dall’altra i portavoce delle organizzazioni guerrigliere, con lo scopo di giungere a un accordo a livello nazionale; un processo che restò incompiuto, al pari di quelli sostenuti con l’Eln, ma che segnò comunque un primo passo, raccolto dall’ex presidente Belisario Betancourt e poi dall’ex presidente Virgilio Barco a partire dal 1987, all’inizio del suo mandato. Virgilio Barco lasciò in eredità l’accordo di pace con il Movimento M-19, oltre all’Assemblea costituente del 1990, mentre negli anni successivi il governo di Cesar Gaviria Trujillo si confrontò con altre organizzazioni armate come il Quintin Lame, la Corrente di rinnovamento socialista, il Prt e l’Epl fra gli altri.

Visti gli insuccessi del governo Betancourt, il governo di Virgilio Barco scelse una politica generale di rinnovamento, riconciliazione e pace, già tentata nel 1964, per prendere il controllo di paesi e territori storicamente dimenticati e per riaffermare la presenza dello Stato, dando alle popolazioni diritti, beni e servizi; ciò come prima fase, che doveva essere seguita da un processo di riconciliazione nazionale con i territori e le popolazioni più vulnerabili ed escluse, per sfociare nei negoziati con le organizzazioni armate.

Queste diverse strategie dirette dalla Presidenza della Repubblica attraverso un ente appositamente creato, l’Alto Commissario di pace con le relative rappresentanze locali, permise la partecipazione e il controllo da parte della società civile, che per la prima volta poté così sovrintendere alle risorse pubbliche destinate allo sviluppo territoriale e locale, segnando il primo passo verso la democrazia partecipativa sancita nella Costituzione del 1991.

Nei primi due anni di governo dell’ex presidente Cesar Gaviria Trujillo venne decisa la “guerra totale” alle Farc Ep dell’epoca, in parallelo con la nuova Costituzione del 1991 che impose il principio delle Stato di diritto, sociale e democratico. Sono passati 34 anni e dopo 62 controriforme, nel contesto delle politiche neoliberali, prende il potere il primo governo alternativo, diverso dal bipartitismo precedente, presieduto da Gustavo Petro Urrego, il quale disegna un Piano nazionale di sviluppo e di cambiamento per il periodo 2022-2026, mirato a stabilire una nuova politica di difesa e sicurezza, che presenta la ricerca della pace negoziata come suo asse strategico più importante.

Oggi il governo nazionale, nella sua strategia di negoziati per la pace totale, procede fra mille difficoltà di fronte alle diverse organizzazioni armate, le quali ormai non si ispirano a postulati ideologici, ma coincidono con il reato di narcotraffico; le ideologie cominciarono a svanire fin dagli anni 80 e 90, quando si strutturò l’attività illegale del narcotraffico che acutizzò tutti i conflitti del paese, presentandosi come un fattore economico destabilizzante dell’ordine costituzionale esistente, specialmente a causa di una struttura economica agraria rimasta immutata nei secoli, senza alcuna soluzione strutturale.

E’ importante ricordare che il governo nazionale di Juan Manuel Santos nel periodo 2014-2018 riuscì a far terminare il conflitto armato con il settore allora maggioritario delle Farc Ep, con la firma di un Accordo di pace in sei punti, che prevedeva una riforma agraria generale con la distribuzione di tre milioni di ettari nel corso di tre legislature, cioè dodici anni. Fu il risultato di più di sei anni di negoziati, a partire dal 2012, e poi della risoluta politica coercitiva del governo nazionale con l’uso delle forze armate regolari.

Le politiche di difesa e sicurezza, che non riuscirono a distruggere il cosiddetto nemico della società colombiana Farc Ep, iniziate con il governo di Uribe Velez con il Piano Colombia, il Piano Patriota e il Piano Consolidamento, malgrado gli insuccessi furono proseguite da Juan Manuel Santos dal 2010 al 2018 e poi da Ivan Duque Marquez fino al 2022.

Dopo queste strategie coercitive, il presidente Gustavo Petro Urrego inizia il suo governo mirando a una politica di pace totale, in cui la sicurezza pubblica va perseguita e garantita coerentemente con l’ordinamento costituzionale e con le norme eventualmente risultanti dagli accordi con le organizzazioni armate.

Dopo la firma dell’Accordo del 2016 con le disciolte Farc Ep e gli scontri armati a partire dal 2018 sotto il governo di Ivan Duque Marquez, si era tornati alle strategie e alle tattiche delle precedenti politiche di sicurezza e di confronto armato con le organizzazioni guerrigliere.

Le politiche ispirate alla dottrina della sicurezza nazionale degli anni 60 hanno lasciato più vittime che successi per la cessazione del conflitto armato; hanno invece causato un olocausto per il quale sia l’organizzazione guerrigliera delle vecchie Farc Ep sia i responsabili di parte statale oggi sono chiamati a rispondere e a risarcire le vittime di fronte al Tribunale speciale di pace. Tale Tribunale è stato creato con l’Accordo di pace dell’Avana, che peraltro non viene riconosciuto dall’organizzazione armata chiamata Dissidenze, sia al tempo del governo di Ivan Duque Marquez sia oggi con Gustavo Petro Urrego.

Oggi i progressi nei negoziati, malgrado la presenza di un governo di aperta e profonda vocazione civile e socialdemocratica, non danno i frutti sperati e gli indicatori relativi alla sicurezza e all’ordine pubblico continuano a essere preoccupanti; secondo le statistiche più recenti la spirale di violenza continua ad abbattersi sulla popolazione civile, malgrado la politica sociale e di inclusione proposta dal governo attuale.

Come critica costruttiva, il governo attuale non ha seguito pedissequamente le esperienze di sviluppo agrario e sociale dei governi precedenti, specialmente quello presieduto dall’ex presidente Virgilio Barco Vargas a partire dal 1986; tali esperienze interessarono più di 700 municipi dei 1300 allora esistenti, con i noti programmi di Sviluppo rurale integrale e del Piano nazionale di ricostruzione, riconciliazione e pace, destinati a sradicare le cause strutturali della povertà rurale, e poi abbandonati dal governo dell’ex presidente Cesar Gaviria Trujillo.

Si instaurò invece una politica di sicurezza pubblica chiamata “guerra totale contro le organizzazioni armate al margine della legge”, che ha distolto l’attenzione dello Stato dal settore rurale, preferendo adottare politiche neoliberali e l’azione militare delle forze armate per esercitare il controllo dell’ordine pubblico in tutti gli ultimi anni del XX secolo e per i due primi decenni del XXI.  Le cause strutturali del conflitto armato aggravatesi negli ultimi decenni non sono state affrontate in maniera efficiente dallo Stato, secondo tutti gli studi effettuati sulle origini e le cause del conflitto colombiano, i quali sono stati peraltro la base per formulare l’Accordo finale di pace del 2016.

Come risultato di queste analisi e delle esperienze passate, è stata elaborata una strategia per sradicare le cause strutturali del conflitto in materia di politica agraria, di possesso e distribuzione delle terre, il settore più importante per giungere a un accordo nazionale di riconciliazione, che costituisce uno degli obiettivi più importanti per giungere alla rimozione delle cause strutturali del conflitto armato.

In questo senso, l’impegno dello Stato inteso come articolazione fra la politica agraria, la sicurezza e la pace si realizza con l’attuazione dei programmi di attenzione speciale che continuano sotto la responsabilità interistituzionale di diversi enti statali, la cui azione deve dirigersi prioritariamente verso le parti di territorio nazionale colpite da esclusione sociale, violenza e povertà assoluta e multidimensionale, causate dall’abbandono storico in cui sono state lasciate dai governi nazionali e dagli imprenditori rurali, con le eccezioni che abbiamo visto; condizioni ereditate dall’attuale governo di Gustavo Petro Urrego che cerca di porvi rimedio con il suo Piano nazionale di sviluppo.

Tutto quanto trascurato od omesso dai governi precedenti costituisce un pesante fardello di errori ed omissioni da parte dello Stato, che è ricorso a politiche di violenza e coercizione, del tutto inefficienti di fronte all’abbandono di politiche sociali e agrarie che si presentino come discontinuità rispetto alle precedenti; oggi il nuovo governo nazionale, forse il più democratico della nostra storia, sta tentando di introdurre una moderna concezione tecnica dello sviluppo locale, più rispettosa delle diverse esigenze dei territori.

In base a quanto esposto, secondo le proposte di più di 250.000 cittadini colombiani che rappresentano i diversi settori della società urbana e rurale del paese e di più di 51 Dialoghi regionali vincolanti, oltre agli apporti dei settori più rappresentativi attraverso il Dipartimento nazionale di pianificazione, si tende a elaborare soluzioni a medio e lungo termine, affrontando gli ostacoli che si presentano nel campo della politica agraria e del settore coinvolto nel conflitto armato.

Si sta formulando così una precisa strategia dello sviluppo agricolo del paese, con un’efficiente ed efficace realizzazione delle politiche settoriali e istituzionali che sono necessarie e strategiche per il successo della politica di pace totale, come punto di incontro fra la sicurezza pubblica, lo sviluppo locale e sociale, l’inclusione, la giustizia sociale, per riuscire ad attuare l’Accordo finale di pace come missione del Piano nazionale di sviluppo di questo quadriennio.

La preoccupazione principale del governo nazionale è l’attuazione della riforma agraria integrale, citata nel primo punto dell’Accordo finale di pace, come punto di partenza delle politiche pubbliche in campo agrario previste nel Piano nazionale di sviluppo, allo scopo di arginare la causa principale del conflitto armato nelle campagne.

I diversi tavoli di negoziato del governo attuale potranno così prestare la dovuta attenzione ai diversi territori allo scopo di sradicare la causa strutturale del conflitto armato in Colombia, che per secoli non ha avuto una soluzione impedendo di costruire la pace sul territorio nazionale, chiudendo la spirale di violenza armata che si è sviluppata in diverse tappe della tragica storia del paese.

Mentre oggi è viva la volontà di democratizzare le politiche agrarie da parte di questo governo, che può disporre delle analisi più importanti degli ultimi decenni sul conflitto sociale, politico, economico, ambientale, culturale ed etnico, il governo in carica dal 2018 al 2022 non ha inserito nel suo Piano nazionale di sviluppo una strategia agraria importante, omettendo di prendere in considerazione – come previsto nell’Accordo finale di pace – un periodo di transizione per arginare lo sviluppo territoriale dei gruppi armati organizzati.

Considerate le diverse letture del conflitto armato date dai diversi governi, non si è riusciti a chiudere il circolo vizioso della violenza nel paese, espressione di un infinito disastro umanitario, con gli indici di criminalità che non calano, ma aumentano e non hanno termine, visto che sono stati assassinati più di 355 dirigenti sociali e più di 420 firmatari per la pace, ad opera soprattutto dell’organizzazione guerrigliera dell’Eln e delle cosiddette Dissidenze delle Farc Ep, sotto il comando di Ivan Mordisco, malgrado che il governo del cambiamento proponga accordi di pace con le diverse organizzazioni.  

Secondo noi, e coerentemente con i diversi conflitti, in base al Piano nazionale di sviluppo la strategia dello Stato deve applicare le politiche settoriali e locali per lo sviluppo sociale e regionale dei territori più colpiti da povertà e violenza, con un’attenzione speciale alla distribuzione delle risorse pubbliche, portando avanti in parallelo le diverse strategie di pace.

Gli enti pubblici centrali alleandosi con le autorità locali dei diversi territori interessati potranno far sentire la presenza del governo nazionale, contribuendo a rimuovere gli ostacoli tipici del modello amministrativo centralizzato e introducendo alcuni elementi di decentralizzazione, specialmente nelle regioni in cui è più rilevante lo sviluppo del conflitto armato e della violenza.

L’ipotesi di giungere alla pace totale è stata portata avanti gestendo il graduale avanzamento dei diversi accordi con le diverse organizzazioni, che oggi sono composte da più di 20.000 armati e perseguono diverse strategie e diversi obiettivi politici, economici, sociali, ambientali, culturali ed etnici, trattati nel Piano nazionale di sviluppo oggi vigente che ha il motto “Colombia potenza mondiale della vita” e vuole la pace per tutti.

Bisogna peraltro evitare di concepire la pace solo in relazione al conflitto armato, come silenzio dei fucili, e bisogna prevedere che il processo non si potrà concludere entro un solo periodo presidenziale; sarà necessaria una politica statale a lungo termine, estesa su vari quadrienni presidenziali, all’insegna dello sviluppo, della sicurezza e della pace, come una costruzione continua, prendendo in considerazione la varietà delle situazioni territoriali e insistendo sulla continuità dell’azione statale di fronte ai problemi strutturali della società colombiana.

La necessaria trasversalità delle attività legate alla formulazione, alla realizzazione e alla valutazione della politica generale dello Stato rispetto alla diversità esistenti nelle nove grandi regioni del paese che esigono piani diversi di fronte alla violenza, la povertà e l’esclusione sociale, insieme con le diverse organizzazioni e strutture armate che intervengono nel conflitto, rendono lo scontro colombiano uno scenario di grandi ostacoli e grandi sfide per lo sviluppo delle regioni e dei loro abitanti.

Bisogna poi prendere in considerazione il profondo malcontento delle popolazioni nei territori che in buona parte sono finiti sotto il controllo totale delle strutture al margine della legge, e che si sono sostituite alla legittima autorità dello Stato, soprattutto i municipi della cosiddetta Selva Profonda; qui sono necessari piani d’azione e strategie di particolare attenzione perché abbia successo il progetto di pace totale come prima fase di transizione, come fissato nell’Accordo finale di pace, cui è stato opposto un primo ostacolo politico nel periodo della presidenza 2018-2022.

Questo fenomeno, il più cruciale del paese, è presente da più di 70 anni, con diverse manifestazioni di violenza, favorite da una macchina economica che dagli anni 80 del secolo scorso si basa sul narcotraffico, associato ad altri fenomeni delinquenziali che vanno arginati con l’azione del Ministero della difesa nazionale, ente su cui ricade la responsabilità dell’ordine costituzionale e della salvaguardia della sovranità popolare.

La strategia attuale del governo prevede di evitare gli errori commessi dopo l’Accordo finale di pace con le Farc Ep per recuperare la sovranità sui territori caduti sotto il controllo delle bande armate. Il processo di pace attualmente in discussione con il gruppo guerrigliero dei Comuneros del Sur nel dipartimento di Nariño promette di essere un’esperienza da tenere in considerazione per gestire gli altri casi, reintroducendo la presenza e la legittimità dello Stato.

Nell’intreccio delinquenziale fra insurrezione e droga, i diversi governi nazionali nella lotta contro il crimine di narcotraffico non hanno preso in considerazione tutti i meccanismi preventivi e repressivi esistenti a livello internazionale per combattere ed eliminare questo reato, particolarmente pericoloso per la salute nazionale e mondiale: le conseguenze delle coltivazioni illegali e del commercio di stupefacenti danno luogo ad alleanze fra il crimine organizzato e le organizzazioni armate e non permettono più di distinguere l’elemento politico da quello delinquenziale.

Il Clan del Golfo, prima conosciuto come Autodifesa Gaitanista della Colombia, è forse la struttura più importante; recentemente ha reso note le sue condizioni per intavolare un negoziato, presentandosi come attore politico, il che non è accettabile in quanto le sue attività si configurano come reati e risulta associato al crimine organizzato a livello sia nazionale che internazionale.

Le politiche pubbliche per la lotta contro il narcotraffico, le coltivazioni e gli scavi minerari illegali sono state efficaci ma non sufficienti, in quanto i trafficanti di droga hanno continuato ad alimentare la guerra e i governi non hanno previsto una strategia di alleanze con paesi amici per favorire l’economia contadina e riuscire a sostituire le coltivazioni illegali, come ha recentemente dichiarato il presidente Gustavo Petro Urrega di fronte al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

È necessario reintrodurre la legalità nelle campagne e instaurare un’economia legale, di fronte ai 250.000 ettari di coltivazioni illegali dichiarati delle statistiche dell’anno in corso.

Monsignor Reda dell’episcopato colombiano ha dichiarato quanto segue: “Bisogna affrontare il problema del narcotraffico e non possiamo trattare i narcotrafficanti come un gruppo che, insorto in armi, presenta una propria proposta politica. Davvero non li si può trattare così… bisogna parlare con loro, bisogna dirgli che sono dei delinquenti, bisogna dirgli che il narcotraffico è un’economia di morte che tiene in schiavitù l’America Latina”.

Il governo nazionale affronta la precarietà economica prestando speciale attenzione alle zone in cui si svolge il conflitto armato, usando sia le misure politiche e i piani di azione istituzionale sia le risorse economiche, compresi i prestiti e gli aiuti internazionali, necessarie per sostenerli.

Le risorse necessarie per giungere gradualmente alla pace generale sono sempre più insufficienti visti i tagli di bilancio previsti nel 2025 e calcolati in 523 miliardi di dollari. Il bilancio è storicamente alimentato dalle riforme fiscali e da buoni speciali, senza incidere sull’economia della classe media, come invece si fece nel passato con il cosiddetto Piano Colombia, di fronte a una guerra irregolare contro organizzazioni di delinquenza comune che esigono una legislazione speciale per combatterle.

E’ importante citare inoltre un altro ostacolo: i programmi e i progetti settoriali decisi dal Ministero della pianificazione e da quello delle finanze per attuare il Piano nazionale di sviluppo sul piano legale devono rispettare la regolamentazione speciale in materia di contratti pubblici, il che non permette la pianificazione partecipativa, e inficia la legittimità del governo nazionale di fronte alle comunità coinvolte nel conflitto armato; tali comunità esigono un trattamento speciale e non quello comune a tutti i municipi del paese, giacché non tutti sono colpiti dal conflitto armato, dall’esclusione sociale e dalla povertà assoluta e multidimensionale.

Mancando una precisa strategia regionale, con il tempo potrebbe sorgere una minaccia alla legittimità del governo nazionale nei territori coinvolti nel conflitto armato, con importanti ripercussioni non solo sul corso dei negoziati ma anche per le necessità insoddisfatte di una popolazione che esige l’attenzione dello Stato, concretata in giustizia sociale, beni e servizi che assicurino sicurezza e pacifica convivenza.

A tutto ciò si somma la mancanza di una presenza locale dell’Ufficio dell’Alto Commissario per la pace, mentre questa struttura tecnico-amministrativa è necessaria per interloquire con gli enti territoriali, soprattutto nelle nove zone critiche che già da 40 anni sono destinatarie di vari programmi: il Programma di sviluppo rurale integrato, il Piano nazionale di ricostruzione e di pace del governo di Virgilio Barco, oggi ripreso come Programmi di sviluppo territoriale, i Piani di azione per la trasformazione regionale; nessuno di questi programmi ha avuto successi significativi e dopo sette anni dalla firma dell’Accordo finale di pace non hanno realizzato neppure il 50% degli obiettivi. Oggi risulta più che necessaria la recente legge sulla giurisdizione agraria, il cui sviluppo legislativo avrà senza dubbio una grande importanza.

Queste zone esigono un’attenzione speciale e una pianificazione partecipativa che permetta di definire le azioni dello Stato, di vigilare sulle risorse e di ampliare il settore pubblico, realizzando le clausole dell’Accordo finale di pace del 2016 per la riconciliazione nazionale e per realizzare la pace totale proposta dal governo nazionale; se a ciò si sta procedendo nelle zone del conflitto armato, è necessario estendere l’azione ai municipi dove impera la povertà assoluta, per realizzare e consolidare nel tempo lo Stato di diritto, sociale e democratico.

Quanto esposto, come attuazione concreta del programma di pace totale dell’attuale governo, con lo strumento del Piano nazionale di sviluppo “Colombia potenza mondiale della vita”, fa sì che l’esecutivo debba quotidianamente confrontarsi e difendersi dalle strategie di boicottaggio del suo programma, che si sommano agli errori reiterati compiuti da dirigenti e gruppi privi di esperienza in materia di amministrazione pubblica e su temi tanto sensibili come la gestione della pace. Vengono inoltre ignorate le esperienze passate dei processi di pace già concretizzati con successo dai governi precedenti, mentre le politiche di pace totale si scontrano con le minacce poste da un problema che sempre è stato e resterà insolubile a medio e lungo termine: quello del narcotraffico.

È necessario non solo il silenzio dei fucili ma anche lo sviluppo sociale ed economico, oltre agli interventi delle Forze armate e della polizia, con l’unione indissolubile fra sicurezza pubblica, sviluppo economico e sociale, pace per tutti. Mancando tutto questo non sarà possibile attuare la riforma agraria generale, la sostituzione delle coltivazioni illegali, la restituzione delle terre e il ritorno delle popolazioni deportate; non sarà possibile procedere alla lotta contro il narcotraffico, né garantire la sicurezza dei dirigenti contadini e dei firmatari dell’Accordo finale di pace, dato che la violazione del diritto alla vita è continuato negli ultimi sette anni, il che esige una strategia interistituzionale per combattere la delinquenza.

Le organizzazioni armate nelle campagne non solo si scontrano con le forze armate dello Stato ma combattono anche fra loro per acquisire sostenitori sul piano politico o economico, per la gestione delle coltivazioni e degli scavi minerari illegali, per le vie del narcotraffico, per estorsioni e sequestri, in presenza o meno di accordi di cessate il fuoco con il governo nazionale.

Sempre verranno avanzate spiegazioni o giustificazioni, di fronte al governo o all’opinione pubblica, per i continui insuccessi che esigono da parte del governo nazionale uno sforzo per affermare la propria presenza effettiva e permanente nelle regioni succubi delle organizzazioni coinvolte nei dialoghi; è necessaria altresì la presenza locale, a fianco dei negoziatori, dell’Ufficio dell’Alto Commissario per la pace, per affrontare le molteplici cause strutturali del conflitto sociale, economico e politico, a partire dal problema del dominio e del possesso della terra che si è trascinato irrisolto per tutto il XX secolo dall’inizio della repubblica fino ai nostri giorni.

Grandi sono gli interessi politici ed economici delle organizzazioni armate e tutte hanno lo scopo di aumentare il proprio potere militare, politico ed economico: un fatto che l’Alto Commissario non può non controllare con tutte le risorse a propria disposizione in termini di sviluppo locale e sicurezza pubblica.

Il governo nazionale deve sviluppare tutte le strategie e i meccanismi possibili e necessari, applicandoli secondo i diversi agenti armati; e restando nei limiti della legittimità deve evitare gli errori, le omissioni e le limitazioni alle funzioni pubbliche per perseguire l’interesse generale e raggiungere la pace e la giustizia sociale, entro il quadro giuridico nazionale e internazionale vigente.

Sotto questo aspetto sono importanti gli studi e le analisi compiute dalle Forze armate e dalla Polizia nazionale sulla crescita o decrescita degli effettivi delle organizzazioni armate: esiste infatti la convinzione popolare che i dialoghi di pace siano utilizzati da ribelli e criminali sul piano tattico e strategico per riorganizzarsi e per accaparrarsi porzioni maggiori di territorio, secondo l’interpretazione dello scorso processo di pace del Caguan.

Secondo i settori politici di opposizione al governo, le Forze armate non esercitano pienamente il loro compito, per cui potrebbero venir accusate di complicità con i gruppi ribelli o criminali, insieme con il governo nazionale. La cosa certa è che la violenza armata sta aumentando e le sue cifre preoccupanti indicano che il successo degli accordi continua a restare subordinato a diversi fenomeni dalle cause molteplici che lo Stato non è in grado di controllare pienamente sul territorio nazionale; perciò si può dar luogo a critiche da parte dei settori che sostengono le politiche coercitive tipiche dei periodi presidenziali del passato, e che sembrano efficaci specialmente agli occhi dei settori urbani, quelli che alle elezioni decidono il futuro politico del paese.

Resta poi un altro motivo di inquietudine per quanto riguarda la pace totale, cioè la mancanza di una legge precisa sull’assoggettamento delle organizzazioni armate. Il governo nazionale ha presentato un progetto di legge al Congresso della Repubblica nel marzo del 2023, ma finora, dopo più di un anno, non è stato fatto alcun passo avanti; la strategia di pace totale non dispone pertanto di questo strumento tanto importante per attaccare le organizzazioni che non presentano motivazioni politiche e che non rientrano nel concetto di belligeranza riconosciuto internazionalmente; resta quindi una sfida assai difficile per il governo attale sradicare il crimine attaccandolo sul piano logistico e finanziario e costringere i ribelli a consegnare le armi.

La legge esistente esige come corrispettivo che i gruppi ribelli ammettano i propri delitti, accettino di risarcire le vittime e di andare in prigione, garantendo quattro anni di libertà condizionale, purché non abbiano legami con il traffico di droga o non siano colpevoli di delitti di lesa umanità. Elementi quasi impossibili da reperire trattandosi di organizzazioni al margine della legge, in territori devastati da violenza, esclusione sociale e crimine organizzato.

Senza la legge cui accenniamo, e i rispettivi regolamenti di attuazione, il governo non avrà la possibilità di attuare legalmente una strategia giuridica, economica e politica nei confronti delle strutture delinquenziali, in maggioranza legate al narcotraffico associato a tutta una serie di crimini di lesa umanità, come gli attacchi sistematici contro i civili, la tortura, le sparizioni, l’omicidio, la riduzione in schiavitù, la deportazione, oltre alla violenza sessuale e di genere, la prostituzione forzata, le estorsioni e i sequestri.

Tutto questo costituisce la grande crisi umanitaria che inficia la sicurezza pubblica, come fa notare criticamente l’opposizione politica del paese, nonostante che il governo tenti in tutti i modi di sradicare le cause della violenza e di favorire uno sviluppo locale, come strategia per raggiungere la pace totale con risultati misurabili a breve, medio e lungo termine.

Tutti i delitti citati sono inclusi nello Statuto di Roma della Corte penale internazionale dell’Aja, che in quanto trattato internazionale risulta inserito nell’ordinamento giuridico della Colombia; il paese ha perciò creato un Tribunale speciale di pace per trattare l’Accordo finale del 2016 con le Farc Ep, e le trattative fra il governo nazionale e le organizzazioni criminali sono state definite come “dialoghi socio-giuridici”, per esaminare e definire il meccanismo giuridico che permetta la sicurezza al paese.

Senza questo strumento giuridico sarà quasi impossibile trattare un accordo con le organizzazioni di delinquenza comune per raggiungere la pace, data la grande violenza che impatta sul territorio nazionale, e visto che la Corte costituzionale ha già dichiarato l’incostituzionalità dell’iniziativa del governo presa in base alla legge approvata dal Congresso nella prima legislatura.

A tutto questo si somma la crisi recente sorta nelle trattative fra il governo nazionale e le organizzazioni armate dell’Eln e della Segunda Marquetalia. Un comunicato dell’Eln denuncia pubblicamente le pretese scorrettezze del governo nazionale, dichiarando che bisogna eliminare la definizione del gruppo come organizzazione terrorista come condizione per proseguire il processo con chiarezza e correttezza, dopo anni e decenni di negoziati con diversi governi dello Stato colombiano; il comunicato è appunto intitolato “Chiarezza e trasparenza con il paese”.

“Ciò che l’Eln vuole sapere è se il governo metterà in pratica ciò che ha firmato, solo questo. Giacché di tutto quanto si parla non si farà nulla, come sempre… Neppure si può offrire qualcosa che già è stato accordato, né ritardare la concretizzazione degli accordi” si legge nel loro comunicato pubblicato sulla rete. In vista dei negoziati l’Eln ricorre a un linguaggio radicale imponendo un ultimatum che il governo non può condividere e tanto meno accettare.

Queste circostanze aggravano la situazione di crisi in cui versa il processo di pace fra il governo e l’Eln rappresentato attualmente dal Comando centrale (Coce) il quale insiste sulla realizzazione di quanto concordato il 23 agosto di quest’anno rispetto al decreto presidenziale sul ritiro dell’organizzazione guerrigliera dalla lista internazionale prevista dalla risoluzione numero 194 del 2023, che la definisce come organizzazione armata ribelle responsabile del crimine di ribellione e crimini annessi nella legislazione nazionale e internazionale.

In relazione a questo, la responsabile governativa del processo di pace, Vera Grave, e il senatore Ivan Cepeda hanno annunciato che per ordine del presidente Gustavo Petro Urrega hanno inviato una proposta confidenziale all’Eln per cercare di sbloccare il tavolo dei negoziati; lo stesso Presidente lo ha reso pubblico in questi termini: “Non c’è problema nel rendere pubblica la proposta confidenziale. Abbiamo proposto di implementare il progetto di riforma economica concordato con l’Eln e firmato al primo punto dell’accordo, con gli imprenditori del paese e con il movimento sociale colombiano, e discutere i meccanismi necessari”.

Nella situazione di stallo del negoziato non si vedono soluzioni prossime. Una eventuale ripresa sembra prospettarsi a condizione che si riesca a far incontrare le comunità, i negoziatori del governo e dell’Eln e gli imprenditori, con il compito di discutere le trasformazioni economiche che il paese esige per la soluzione del conflitto.

Si tratta di una rivendicazione storica della guerriglia colombiana, che si riferisce al modello economico delle campagne. Humberto de la Calle Lambana, negoziatore del governo nazionale che firmò a suo tempo l’Accordo con le Farc Ep all’Avana, ritiene che al tavolo di un negoziato fra le parti indicate sopra si potrebbero abbordare i temi indicati nei sei punti dell’Accordo; all’Avana peraltro la struttura dello Stato e il modello economico non furono oggetto di discussione.

Il Titolo XII della Costituzione politica del 1991 in materia di regime economico e di finanze pubbliche prevede la possibilità giuridica di favorire la produttività e la competitività dell’impresa privata per promuovere lo sviluppo armonico delle regioni, dove lo Stato può intervenire per favorire il pieno impiego e l’accesso a beni e servizi per far sparire l’ingiustizia dalle campagne colombiane e far godere a tutti beni e servizi, per cessare il circolo vizioso della violenza che da decenni e secoli sembra essere destino ineluttabile della nazione.

Per ora, di fronte allo stallo dei negoziati con l’Eln, il governo nazionale attraverso il Ministero della difesa ha deciso di riprendere l’offensiva militare come strategia del processo di pace contro questa organizzazione armata, l’unica che sopravvive dal periodo del conflitto armato della metà del secolo scorso.

L’Alto Commissario per la pace e i suoi collaboratori, responsabili dei diversi tavoli di negoziato e in quanto rappresentanti del governo nazionale, hanno affermato che la situazione attuale dell’ordine pubblico costituisce la crisi peggiore nella storia del dialogo con quell’organizzazione, la quale intanto continua ad aumentare la sua influenza sul territorio provocando la necessaria risposta repressiva dello Sato.

La crisi ha come precedente quella provocata dai dialoghi regionali nel dipartimento di Nariño, anticipati dal governo nazionale con il gruppo scissionista dell’Eln, conosciuto come Comuneros del Sur, che ha determinato una divisione entro il Coce.

D’altra parte Luciano Marin (Ivan Marquez), responsabile dell’organizzazione guerrigliera Segunda Marquetalia, ha chiesto al tavolo dei negoziati la sospensione dell’ordine di cattura nei suoi confronti, come condizione per continuare i negoziati, che erano stati ripresi il 24 giugno 2023 a Caracas, in Venezuela.

La petizione ha preso di sorpresa il governo nazionale, che non ne aveva previsto la possibilità entro i negoziati. L’Alto Commissario per la pace Otty Patino ha dichiarato che si richiedeva qualcosa di già superato, sollecitandolo come requisito per proseguire le trattative di pace. La situazione è stata considerata come un passo indietro, giacché non è possibile sospendere l’ordine di cattura contro Ivan Marquez (Luciano Marin) per via della richiesta di estradizione.

Il secondo ciclo era previsto a Cuba, all’Avana, nella prima settimana di agosto – data già passata – per trovare il percorso giuridico che giustifichi la legalità del negoziato, pur in presenza della violazione dell’Accordo finale di pace del 2016 con le ex Farc Ep di cui Marquez fu il capo dei negoziati di fronte al governo nazionale, scegliendo poi però di tornare alla lotta armata nel 2018 in violazione della legge 2272 del 2022.

Situazione attuale del conflitto armato

Obiettivi del governo e statistiche

Continuano gli attacchi armati e l’espansione sui territori da parte delle diverse organizzazioni armate con cui il governo sostiene trattative e ha stabilito accordi di cessate il fuoco; ciò dimostra le difficoltà entro le quali si muove la politica di pace con i gruppi armati; le forze armate e la polizia si sforzano di garantire l’ordine costituzionale mentre sui territori continuano gli scontri e i crimini collegati alle coltivazioni e agli scavi minerari illegali e al narcotraffico.

Le trattative del processo di pace devono tener conto del tessuto sociale per poter difendere i diritti della popolazione; il governo attuale, di fronte alla molteplicità di attori, adotta politiche pubbliche di concertazione e corresponsabilità, con una maggiore presenza delle autorità locali e dipartimentali nelle trattative regionali e nei diversi Consigli territoriali di pace.

Tutto ciò si inquadra nella strategia di costruzione della pace, entro il Piano nazionale di sviluppo 2022-2026 – “Colombia potenza mondiale della vita” – iniziato il 21 novembre 2022, con l‘obiettivo della pace totale come garanzia del diritto fondamentale e universale alla vita, alla difesa integrale dei territori e delle popolazioni colpite da violenza, esclusione e povertà assoluta, riducendo le distanze sociali nel rispetto della diversità e della pluralità; obiettivo posto come visione e missione delle politiche di settore, che peraltro non hanno avuto un impatto positivo, visto che con l’intensificarsi del conflitto armato si è avuto un aumento del 119% degli episodi di abbandono dei villaggi e dei confinamenti forzati.   

Dopo due anni di attività del governo attuale si stima che il primo problema del paese non sia l’economia; all’inizio di questo governo nell’agosto del 2022 il tasso di omicidi era del 26% su 100.000 abitanti; oggi il tasso è diminuito del 2%, mentre i dipartimenti di Antioquia, Arauca e Santander settentrionale registrano il maggior numero di sequestri. Gli scontri fra gruppi armati e la forza pubblica e fra i diversi gruppi armati stessi in lotta per il controllo dei territori e l’accesso all’economia illegale sono diminuiti nell’anno 2023, ma nel 2024 sono aumentati del 24%, malgrado la politica di pace generale e gli accordi di cessate il fuoco con l’Eln e con l’organizzazione di Ivan Mordisco.

D’altra parte si è ridotto il tasso di omicidi in tutte le città principali, con l’eccezione di Barranquilla che conta un gran numero di bande criminali, e di Bogotà, che presenta il maggior numero di vittime e di massacri, il che esige un’attenta politica di prevenzione e repressione, a carico soprattutto della polizia nazionale. La cifra di 167 massacri nei due anni di questo governo è un fenomeno criminale di cui il governo deve rispondere con tutte le sue istituzioni, pur salvaguardando il funzionamento democratico dello Stato. Per quanto riguarda il genocidio (uccisione di tre o più persone) durante i due anni di questo governo esso è aumentato, ma il numero di vittime è stato minore.

Il successo più importante della politica di sicurezza pubblica si registra nel campo dei sequestri di cocaina, con un aumento ad agosto del 2024 del 39,5% rispetto all’anno 2023, mentre la distruzione di coltivazioni illegali è diminuita del 71% fra l’agosto 2022 e l’agosto 2023, e del 62% ad agosto 2024.

Infine, secondo i dati forniti dal Ministero della difesa, nell’ultimo anno i massacri sono diminuiti del 16%, gli assassinati di dirigenti sociali dell’8%, gli incidenti per mine antipersone del 45%; mentre sono aumentate le estorsioni del 42%, i sequestri del 40%, i furti a persone o imprese commerciali rispettivamente del 16 e del 24%, gli omicidi del 5,3%; sono cifre che devono orientare i piani di azione delle forze armate e della polizia, per garantire la pace e la sicurezza in Colombia.

Ma il successo più importante di questa gestione presidenziale si è avuto nella lotta contro il crimine organizzato, con il sequestro di cocaina che ammonta a 640 tonnellate nel 2022 e 746 tonnellate nel 2023, e più 472 tonnellate fino al mese di agosto del 2024.

In contrasto, l’Associazione degli ufficiali in pensione considera che gli sforzi della politica di pace totale mostrano vari punti deboli e che gli accordi di cessate il fuoco sono stati mal pianificati, privi di protocolli e di riferimenti geografici, mentre mancano 100.000 uomini per coprire il territorio nazionale; manca inoltre la chiarezza giuridica rispetto al processo condotto con la Segunda Marquetalia e il suo dirigente Ivan Marquez, con il gruppo di Comuneros del Sur (i dissidenti dell’Eln) e con i criminali del Clan del Golfo.

(I dati statistici sono presi da Silla Vacia, Indepaz, stampa nazionale e Ministero della difesa nazionale, in data agosto 2024).

Attori del conflitto armato e processo di pace totale

Un’esperienza storica, mai tentata da un governo nazionale: sono stati iniziati nove processi di pace paralleli, nelle campagne con le organizzazioni di natura politica e con quelle di criminali comuni, nelle città a Medellin e nella valle di Aburrà, Quibdo e Buenaventura, fenomeni che hanno obbligato a tracciare dei percorsi di contenimento e di garanzia della sicurezza pubblica per contrastare l’esclusione sociale e la povertà, in collaborazione con le autorità locali.

Secondo alcune analisi, il governo ha fatto un errore nell’iniziare tutti i negoziati di pace di fronte a tante difficoltà diverse, avendo poco tempo e pochi mezzi per concretizzarli. Per altre, si tratta di una offerta di carattere democratico, che dimostra la volontà di pace di un governo alternativo che adotta il dialogo come uscita negoziata da conflitti armati di diversa origine.

La principale organizzazione con cui si confronta il governo è la struttura armata dell’Esercito di liberazione nazionale (Eln), con cui si sono realizzati molti progressi dopo quattro decenni di fallimenti, malgrado i passi indietro con il governo di Duque Marquez. Finora fra difficoltà di ogni tipo sono stati sottoscritti 28 accordi, che rappresentano il maggior successo del governo attuale.

L’Eln, storicamente presente nel dipartimento di Arauca, dopo gli inizi e dopo i colpi di Stato tentati contro la cosiddetta Operazione Anori del 1973, ha diminuito gli attacchi armati rispetto agli anni precedenti il 2023, anche se potrà sempre riprenderli se si sospendesse l’accordo di cessate il fuoco. L’Eln ha esteso la sua presenza, passando da 230 a 290 municipi, dove sono aumentati i delitti di esodo forzato a livello individuale e collettivo.

In questo momento il governo, di fronte al mancato rispetto degli accordi con questa organizzazione, malgrado essa si sia riconosciuta colpevole di ribellione, ha sospeso le trattative e la cessazione delle ostilità, giacché il gruppo ha avanzato la richiesta di essere escluso dalla definizione di organizzazione terroristica a livello internazionale, riservandosi di riprendere le azioni armate in caso di incursioni o attacchi delle forze armate regolari.

D’altra parte il governo nazionale prosegue le trattative con il gruppo armato dei Comuneros del Sur, dissidenti dell’Eln, rispetto ai quali sembra non esista chiarezza giuridica dato che resta dubbio se si tratta di un’organizzazione indipendente o incorporata nell’Eln.

Un’altra organizzazione armata è la cosiddetta dissidenza delle Farc Ep di Ivan Mordisco, che presenta una grande difficoltà dato che continua le azioni armate malgrado gli accordi di cessate il fuoco concordati con il governo nazionale; con questo gruppo, prima convocato a un negoziato, oggi le trattative sono state sospese. Il governo, di fronte alle costanti violazioni commesse da questo gruppo militare organizzato, ha deciso di sferrare un’offensiva totale con le forze armate per recuperare il controllo sul dipartimento del Cauca, di 42 municipi, il più colpito dalla violenza, specialmente nel municipio di Lopez Micay, fino alla città di Buenaventura, porto principale della costa del Pacifico; ma sono coinvolte altre zone del nord e del sud del dipartimento, dove agiscono organizzazioni guerrigliere in lotta per l’accesso all’economia illegale, alle coltivazioni vietate e al narcotraffico. E’ nota la presenza di armati anche in altri dipartimenti confinanti, come Nariño, Huila, Valle del Cauca, Putumayo e Caquetà, situati sulle montagne e vicini alle coste del Pacifico.

Il già citato Ivan Mordisco, capo del cosiddetto Stato maggiore centrale dei dissidenti delle Farc Ep, continua a sferrare scontri più o meno armati con un altro dissidente della stessa organizzazione, Calarca Cordoba, capo del Blocco Jorge Briceño. È stato un errore del governo centrale accettarli come controparte delle trattative, giacché il gruppo Farc Ep è considerato disciolto dal 24 novembre 2016, la data dell’Accordo finale di pace firmato con lo Stato colombiano.

Queste pretese dissidenze sono state coinvolte in due fatti di impatto nazionale: l’uso veicoli della Unità nazionale di protezione da parte di persone che non erano rappresentanti delle organizzazioni impegnate nelle trattative con il governo, e hanno condotto azioni armate malgrado il patto di cessazione delle ostilità con il governo nazionale; i negoziati relativi sono stati sospesi per decisione dell’esecutivo, responsabile dell’ordine pubblico nazionale.

D’altra parte il Blocco Jorge Briceño è stato coinvolto nel sequestro di 100 militari a San José del Guaviare, alleato con elementi puramente criminali; al sequestro hanno partecipato anche alcuni rappresentanti della società civile, cooptati dalle organizzazioni criminali come autorità di un ordine territoriale alternativo a quello legittimo – ma assente – dello Stato.

Fra le strutture che si sono originate all’interno delle Farc Ep si trova anche la Segunda Marquetalia, capeggiata da Ivan Marquez, con cui sono ancora aperti i negoziati, malgrado le complicazioni giudiziarie per il mancato rispetto dell’Accordo finale di pace del 2016; sul procedimento non esiste chiarezza giuridica data la mancanza di una legislazione speciale che contempli questi casi.  

Un’ulteriore organizzazione armata di natura criminale diversa è la Autodefensa gaitanista de la Sierra Nevada, che ha ereditato il paramilitarismo del blocco Resistencia del Tayrona de las Auc, capeggiato dal narcotrafficante Hernan Giraldo, oggi estradato negli Stati Uniti; con questa organizzazione il governo nazionale ha riaperto i negoziati di pace con la risoluzione n. 300 del 2024. La struttura comprende circa 800 uomini ed è attiva nei dipartimenti di Magdalena, Cesar, Atlantico e La Guajira; è nota anche come Los Pachenca, ed è comandata da Freddy Castillo, alias Pinocho, e da José Luis Perez.

Esiste inoltre il cosiddetto Clan del Golfo, erede criminale delle organizzazioni paramilitari del passato, ed è legato alle strutture criminali del narcotraffico, che pretendono di coprire con tesi politiche il loro agire criminale; il Clan è comandato da Jesus Avila Villadiego, alias “Chiquito Malo”, che faceva parte dei Blocchi Catatumbo e Calima delle Auc, e da Elkin Casarrubia Posada, detto “Joaquin” o “il prete”.

Si tratta della maggiore struttura criminale, con numerosi effettivi e alta capacità delinquenziale per i suoi legami diretti con le organizzazioni nazionali del narcotraffico; con questo gruppo non si è aperta alcuna trattativa di pace e il governo lo affronta in piena legittimità con la forza pubblica, e i risultati sono importanti: il gruppo ha avuto molte vittime e negli ultimi anni sono aumentati i sequestri di droga, come strategia per togliere le fonti economiche del loro agire criminale.

Questa struttura criminale comprende circa 7.000 uomini, malgrado i caduti e gli imprigionati riportati dalle fonti ufficiali; è organizzata secondo la vecchia struttura delle Auc, divisa in sei blocchi, due compagnie mobili, 32 fronti con reti di appoggio urbano e rurale; è presente in 16 dipartimenti e 238 municipi, procede al lavaggio del denaro sporco nelle principali città del paese; una enorme espansioni criminale, ma con il gruppo non si sono aperte trattative, dato che la sua natura e la sua attività non integrano il crimine di ribellione.

Per quanto riguarda il primo gruppo armato, bisogna sottolineare che esso ha deciso di costituire una struttura politico-militare simile a quella delle passate Farc Ep, e che non ha cessato le azioni armate neppure dopo la decisione del governo di affrontarlo militarmente per eliminarlo, giacché continua a non rispettare quanto pattuito nelle trattative e prosegue la sua attività criminale nel dipartimento del Cauca e nella Colombia meridionale.

Nel territorio è alta la presenza militare, il che indicherebbe una presunta debolezza dello Stato e mancanza di sicurezza per i cittadini nei municipi dove agiscono le bande armate, con i conseguenti scontri con le forze armate regolari e fra i gruppi criminali stessi per il controllo sui territori e i vincoli con le attività illegali come il narcotraffico e gli scavi minerari clandestini.

Tutto ciò presenta uno scenario storico di guerra irregolare che persiste malgrado le diverse strategie formulate dal governo nazionale attraverso l’Alto Commissario per la pace, e malgrado i diversi tavoli negoziali e le trattative socio-giuridiche, coordinati con gli enti pubblici e le autorità dipartimentali e locali competenti per il mantenimento dell’ordine pubblico; fanno eccezione il dipartimento di Antioquia e la città di Medellin, dove le autorità locali hanno dichiarato pubblicamente di non condividere la politica di pace intrapresa dal governo.

Annullato l’accordo di cessate il fuoco, continuano perciò gli scontri militari con continue violazioni del diritto internazionale umanitario, e continua l’uso delle armi spesso contro la presenza di nuove organizzazioni armate non vincolate ai patti dell’Accordo finale di pace del 2016, e contro i firmatari dello stesso Accordo, che continuano ad essere vittime di omicidi e genocidio.

E’ inaccettabile che i gruppi armati continuino a uccidere dirigenti sociali, uomini e donne, estendendo un conflitto armato che viola il diritto fondamentale alla vita, senza che lo Stato risponda con una strategia militare e di polizia per esercitare il pieno controllo sui territori, far cessare questo disastro umanitario e prospettare una fine prevedibile. Circostanze che non favoriscono certo il processo di pace in corso, dato che sui possibili firmatari pesa la concreta possibilità di essere uccisi.  

Di fronte a queste difficoltà di implementare il processo di pace, secondo le dichiarazioni dello stesso governo presso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, lo scorso mese di luglio, sono state sollecitate speciali misure di sostegno su questo punto, che è di importanza vitale per il processo di pace attualmente in corso.

Riflessioni finali

Nella storia nazionale si sono verificate molte lotte sociali intraprese da popolazioni ai margini ed escluse dallo sviluppo della società, dall’eguaglianza, dalla fraternità e dall’inclusione, e che non possono subire un’ulteriore frustrazione. Sono molte le storie di intere generazioni che hanno compiuto ogni sforzo e dato perfino la vita per avere un paese più democratico.

Grandi sono state le speranze al nascere di un governo che realizzasse lo Stato di diritto, sociale e democratico che finora non è stato possibile realizzare dal 1991, quando si è imposto un modello politico ed economico autoritario, violento e neoliberale che ha prodotto violenza economica, diseguaglianza, povertà ed esclusione.

E’ ancora viva la speranza di un cambiamento che porti pace totale e giustizia sociale da parte di un settore dell’elettorato che per ora è ancora maggioritario, ma che può pericolosamente spostarsi a destra in caso di frustrazione delle sue aspettative da parte del governo nazionale.

Dopo due anni di attività di questo governo è tempo di ammettere i propri errori e di procedere a un’autocritica che permetta le necessarie trasformazioni nella società colombiana, con una gestione pubblica efficiente, efficace e trasparente, che nei 24 mesi trascorsi si è scontrata con molteplici difficoltà e ostacoli, ma sempre però alla ricerca di giustizia sociale, sicurezza pubblica e pace, fini sempre difficile da costruire.

Una situazione molto preoccupante in quanto l’opposizione al governo si pone come polarizzazione politica e mantiene il controllo sui mezzi di comunicazione di massa, disorientando l’opinione pubblica e manovrando l’inconscio collettivo dei cittadini colombiani.

Tutte queste strategie di guerra giuridica (law fare) e politica sono dirette a distruggere le aspirazioni popolari di un popolo soggiogato e schiavizzato dall’economia del capitale, da violenza, narcotraffico, corruzione e povertà, con un regime che resiste ai cambiamenti proposti da questo governo nel suo Piano nazionale di sviluppo; il Piano è ampiamente in ritardo nel conseguimento dei suoi obiettivi, come testimoniano le diverse inchieste di varia origine compiute riguardo all’accettazione delle attuali misure governative.

Bisogna capire che la pace si costruisce non solo con le trattative, ma con sicurezza pubblica e sicurezza umana per poter esercitare pienamente i propri diritti, e con lo sviluppo economico e sociale di tutti i territori, creando uno Stato con strutture decentralizzate che deleghino funzioni e risorse pubbliche, come suggerito dal Sistema generale di partecipazioni.

Malgrado l’evoluzione costituzionale del XX secolo e la Costituzione del 1991, la verità è che oggi la struttura dello Stato continua a essere centralizzata, con processi amministrativi incompleti e lontani dalle concrete necessità di un paradigmatico Stato regionale, che sia coerente con il post-modernismo del XXI secolo e più adatto ad affrontare i conflitti a livello armato, sociale, economico e politico della realtà contemporanea.

Oggi si attendono – e con urgenza – le riflessioni del governo nazionale e specialmente dell’Alto Commissario per la pace, per rivedere e correggere la politica pubblica, con nuovi amministratori nominati dal governo che siano responsabili del cambiamento storico per giungere alla pace totale, mentre incombe il rischio che alla fine del quadriennio ritornino a predominare atteggiamenti di indifferenza ed esclusione.

Una delle strategie proposte dal presidente Gustavo Petro Urrego consiste in un piano d’urto per accelerare l’implemento dell’Accordo finale di pace, che malgrado sia una priorità nel Piano nazionale di sviluppo, non ha avuto l’attenzione necessaria ed efficace, per riprendere i negoziati con le organizzazioni armate da una parte, e dall’altra riprendere l’azione delle forze armate regolari, ove necessario.

Le priorità di oggi sono le stesse di sei anni fa nell’Accordo finale di pace, e corrispondono agli investimenti decisi dallo Stato nei 170 municipi già citati, con un autentico impatto sulle comunità, dopo aver rivisto il bilancio con le risorse andate perdute nella precedente amministrazione, per mancanza di trasparenza e incapacità nella gestione, per un ammontare di 250 miliardi.

E’ anche una necessità ineludibile acquisire e distribuire i milioni di ettari di terra previsti nell’Accordo finale di pace, malgrado la sentenza contraria della Corte Costituzionale, e infine provvedere all’aggiustamento del Sistema generale di partecipazioni e la legislazione agraria, mediante un progetto legislativo da sottoporre al Congresso della Repubblica.

A tutto ciò va aggiunto che le risorse destinate a implementare l’Accordo finale di pace assegnate per l’anno 2025 saranno colpite da tagli e restrizioni, causando altre complicazioni macroeconomiche che rappresentano una minaccia per lo sviluppo regionale e la sicurezza pubblica e perciò avranno un impatto negativo sui nove processi di pace in corso nelle città e nelle campagne.

È poi necessario non perdere di vista le situazioni derivanti dagli accordi o disaccordi dei negoziati per ottenere una prima fase di intervento statale destinato a stabilire la pace attraverso la riconciliazione nazionale, che per due secoli non è stato possibile raggiungere, date le diverse forme di violenza politica esercitate nella storia nazionale.

Malgrado tutte le difficoltà e le sfide, al governo del cambiamento sarà accreditata l’audacia di aver tentato di modificare il modello politico ed economico basato sull’esclusione. I due anni che gli restano testimonieranno la continuità del suo impegno, oppure il regresso alla politica degli ultimi cinquant’anni, al modello economico del neoliberismo e del mercato come paradigma che prevale su quello dell’intervento regolatore dello Stato.

La Colombia desidera diventare una società inclusiva e di benessere attraverso un’economia popolare basata su equità ed eguaglianza e favorire lo sviluppo umano, l’efficienza del lavoro e la sicurezza pubblica per tutti, come prospettiva di medio e lungo termine.   

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