Lo scorso 8 luglio 2024 “Futura Società”, giornale del MpRC, pubblica un saggio di Fosco Giannini dal titolo «La crisi sistemica dell’Ue e la necessità della rivoluzione» (https://futurasocieta.com/2024/07/08/la-crisi-sistemica-dellue-e-la-necessita-della-rivoluzione/#more-2185). Nella seconda metà di questo agosto 2024 Nanni Marcenaro, studioso di filosofia e coordinatore MpRC di Genova interloquisce, sulle pagine di questo blog (20 agosto: Ue, società e rivoluzione: ostacoli e prospettive.), con l’articolo di Giannini . Si apre, come auspicato, il dibattito (sull’Ue, sulla Nato, sulla guerra imperialista, sulla fase attuale e sulla “necessità della rivoluzione”) ed è la volta di Gianfranco Cordì, docente di storia e filosofia, del MpRC di Reggio Calabria e del Centro Studi Nazionale “Domenico Losurdo” ad intervenire. Di seguito il suo articolo.
di Gianfranco Cordì

Nel suo saggio «La crisi sistemica dell’Ue e la necessità della rivoluzione» (pubblicato l’8 luglio del 2024 su «Futura Società»), Fosco Giannini fa riferimento allo «stato delle cose», tra l’altro, titolo di un film di Wim Wenders del 1982, ovvero ai «flussi carsici delle fasi storiche» del periodo che stiamo attraversando. In questo senso sia l’Unione europea che la Nato appaiono oggi, praticamente a tutti, come oggetti «destinali»; la cui realtà e natura è, come direbbe il filosofo nuovo-realista Maurizio Ferraris: «inemendabile». È la stessa cosa che ci succede con i consumi, con lo spettacolo, con l’inflazione, con le pandemie, con la globalizzazione, con lo Stato-Nazione: tutto ciò ci appare sempre più come immodificabile, naturale, assolutamente «dato» e «dato per certo». In verità, come ognuno di noi sa, nella vita (nella società, nella politica, nelle istituzioni) non esistono «assoluti» – forse questa è la lezione più profonda che abbiamo appreso dal vecchio Karl Marx. Ogni cosa è destinata a diventare altro; Emanuele Severino diceva: «la legna diventa cenere», e non sbagliava. L’11° Tesi su Fuerbach dello stesso Marx recitava: «I filosofi hanno sinora solo interpetrato il mondo; si tratta adesso di cangiarlo». La necessità della Rivoluzione, dunque, è insita nel fatto (non accademico) stesso del rapporto duale tra interpretazione e cambiamento; in termini sociali: tra piccoloborghesismo e spinta proletaria al cambiamento. Chi si accontenta forse gode, ma non cambia un acca. Il cantante Jovanotti diceva (in una canzone che si chiama «Mi fido di te»): «Mi fido di te/ cosa sei disposto a perdere?». Quelli che «sono disposti a perdere» si «fidano» dei comunisti per i quali la «logica del cambiamento» (specie per chi si è venuto a trovare in condizioni di sofferenza, alienazione, sfruttamento) è un dato del tutto oggettivo e naturale. Lo stesso Marx è stato chiaro: «Quando un uomo giunge in condizioni di sofferenza acute, si ribella».
«Ora che l’Ue è servilmente e palesemente allineata con gli Usa e con la Nato nella guerra contro la Russia e contro l’intero mondo multipolare, ora che essa, perdendo ogni residua autonomia, si è resa consustanziale all’imperialismo nordamericano» afferma Fosco Giannini, “è necessario che le masse acquistino coscienza”. Demistificare i falsi miti, smontare la «Galassia Gutemberg» della narrazione Occidentale e filo-americana, decostruire gli oggetti storici che abbiamo davanti e vederli per quello che sono: «smontare il giocattolo»; dobbiamo renderci conto che quello che abbiamo davanti è un progetto «costruito» (Jean-Francois Lyotard direbbe una «grande narrazione» che è ormai giunta alla fine perché il mondo, acquistando «coscienza» si è fatto «incredulo»; qualsiasi racconto perde di efficacia se nessuno vi crede più): sono queste le «mosse» che il progetto-comunista dovrebbe fare proprie per un primo «step» che ci conduca tutti sulla via di una rivoluzione oggi più che mai necessaria.
In risposta al saggio di Giannini il 29 agosto 2024 il blog del MpRC ha ospitato l’intervento del compagno Nanni Marcenaro. La vicenda della formazione della Ue «Può essere considerata come un aspetto delle disposizioni contenute nell’articolo 2 del Trattato Atlantico, e che fu dunque prepotentemente promossa dagli imperialisti statunitensi» afferma Marcenaro. A «trazione» americana non sono solo la Nato, l’Ue, la globalizzazione, i populismi, i sovranismi, gli identitarismi, i protezionismi ma anche quella «sbiadita» forma (o «formula») che grazie a Norberto Bobbio (e al suo saggio «Destra e sinistra») abbiamo dovuto imparare a riconsiderare: la «sinistra»! Eravamo a ridosso della caduta del Muro di Berlino quando Bobbio scriveva le sue pagine e a quel punto al «comunismo» venne sostituita una certa «sinistra» – del resto mai bene e precisamente identificata. Nanni Marcenaro, a questo proposito, scrive che per essa: «E’ solo nell’abito dei diritti civili che la società può essere rinnovata, in quanto non è dal sistema economico che dipendono il benessere e una vita felice»; insomma una certa specie di «sinistra» (Giorgio Gaber diceva molto a proposito: «Il pensiero liberale è di destra/Ora è buono anche per la sinistra») morbida, evanescente, liberale, che non ha niente in contrario da dire rispetto al capitalismo aggressivo e, come ha scritto il politologo Carlo Galli, «disfrenato» che ci sta attraversando. Il quadro è dunque completo.
La società oggi è profondamente cambiata; sta a noi comunisti trarne le conseguenze. Da un lato «la lotta di classe c’è stata e l’hanno vinta i ricchi» (sono parole del compianto Luciano Gallino) e dall’altro i nuovi-proletari degli slums, delle bidonville, delle favelas, delle banlieu, dei sobborghi milanesi e romani devono prendere «coscienza» che se la loro condizione non è felice è perché la condizione di qualcun altro lo è. Un vecchio tema, per il comunismo internazionale. Ma bisogna fare tutto questo, appunto, nel contesto attuale – non nei giorni della presa del Palazzo d’Inverno. È un comunismo 2.0 che occorrerebbe inventare come avevano visto bene sia Toni Negri che Gianni Vattimo.
Le cifre che connotano la società attuale le conosciamo: conformismo, omologazione, casalingadivogherite, tecnologia, digitale, devastazione dell’ambiente naturale, ricerca esclusiva del profitto: è su queste basi che, a giudizio sia di Giannini che di Marcenaro, si è costruita l’Unione Europea. La mancanza di un «alternativa» equivale alla mancata «presa di coscienza» dei molti. Ma subito dopo la consapevolezza deve venire l’azione. Il secondo «step» di questa storia però è a-simbolico: se una volta c’era la Bastiglia, il palazzo d’Inverno o qualche altro luogo «carico di emozioni» (per citare Marc Auge che definiva «non luoghi» tutti quegli spazi che connotano la nostra vita: lo sportelo del bancomat, la fila al supermercato, le autostrade …), adesso, a globalizzazione fatta e metabolizzata, tutti i luoghi sono uguali; il che è come dire che non c’è nessun luogo.
Milan Kundera aveva affermato: «Globalizzazione vuole dire: non ci sono vie di fuga». Se dunque mancano i simboli questo vuol dire che la presa in carico di un movimento comunista oggi deve essere quella che si riferisce alla cultura. E dunque tutto questo processo diventa lunghissimo. E la rivoluzione va a farsi benedire. Cambiare una mentalità è forse una delle operazioni più complesse e defatiganti che l’essere umano possa fare e trovarsi davanti. In questo senso sia Giannini che Marcenaro ci hanno visto giusto. Tutto quello che abbiamo davanti (Unione Europea e Nato) ad esempio è un fatto acquisito; come la pioggia che quando cade cade e nessuno sta a chiedersi «perché»! Si aspetta solo che finisca di cadere. In questo senso quello che mi auguro e che ci auguriamo, in quanto comunisti, è che qualcuno si chieda «perché». Come mai le cose stanno così? Chi vuole che le cose stiano così? A chi conviene?
