a cura di Leonardo Locci coordinatore MpRC Piemonte
Da oltre 30 anni la ricerca ha evidenziato la pericolosità per la salute umana delle molecole PFAS in quanto cancerogene.

Si tratta di molecole che non esistono in natura ma che furono scoperte casualmente nei laboratori statunitensi della multinazionale DUPON e grazie alle sue caratteristiche uniche hanno avuto un impiego diffuso in diverse produzioni industriali per realizzare prodotti come padelle antiaderenti, vestiti idrorepellenti, imballaggi alimentari, carta igienica, filo interdentale, tappeti, rivestimenti di tappezzeria e divani e cosmetici.
La molteplicità degli impieghi dei PFAS li rende utilizzabili da una moltitudine di aziende produttrici di beni di consumo corrente e, pertanto, il pericolo PFAS non risparmia nessuna regione del nostro Paese. Un’altra caratteristica di queste molecole che le rende particolarmente pericolose è che sono inquinanti eterni, permangono senza mai degradarsi. La ricerca ha appurato che le molecole PFAS sono responsabili della insorgenza di tumori ai testicoli e ai reni, di danni al fegato, favoriscono l’innalzamento del livello di colesterolo e l’insorgenza di problemi alla tiroide e rappresentano concausa di patologie cardiovascolari. Nonostante lo IARC, agenzia dell’OMS per la ricerca sul cancro, abbia classificato il PFOA, che è una delle 10.000 molecole del gruppo PFAS, come cancerogena certa per l’uomo, vi sono stabilimenti tuttora funzionanti nel nostro Paese che producono queste sostanze. Uno di questi stabilimenti è SOLVEY di Spinetta Marengo, sobborgo di Alessandria, che nel corso degli anni ha sversato le sostanze PFAS nelle falde acquifere con elevate concentrazioni.
La diffusione delle molecole PFAS avviene anche nell’aria attraverso le ciminiere degli stabilimenti. L’utilizzo dei PFAS nelle produzioni industriali sono un ulteriore esempio di come il modello economico capitalista non tenga in alcuna considerazione la tutela della salute umana e dell’ambiente, che continui a operare in spregio di questi valori anche di fronte alle evidenze scientifiche che la ricerca ha prodotto. Questo cinico e ostinato operare del modello economico che calpesta il diritto fondamentale alla salute pubblica e contamina l’ambiente è spalleggiato dal sistema di coperture politiche e istituzionali che si limitano a stabilire livelli di soglia di accettazione degli inquinanti da PFAS, nonostante vi sia la certezza che anche valori minimi assunti dall’organismo umano rappresentino la possibilità di gravi minacce di patologie per l’individuo perché sono inquinanti eterni non degradabili nel tempo.

Per quanto riguarda le indagini in Piemonte la maggior parte delle province non ha fornito i dati sulla presenza di Pfas nelle acque potabili. Sul territorio torinese servito dall’azienda SMAT (Società Metropolitana Acque Torino) in 70 comuni è stata rilevata la presenza di sostanze PFAS. Nella regione Piemonte la maggioranza degli enti erogatori dei servizi idrici potabili non hanno fornito i dati sulla presenza di PFAS nelle acque potabili ed alcuni di questi hanno giustificato il proprio atteggiamento rifacendosi ad una specifica indicazione dell’ARPA Piemonte.
Philippe Grandjean, docente di Medicina Ambientale presso l’Università della Danimarca Meridionale, all’Università di Boston e ad Harvard, è oggi testimone nel processo in corso a Vicenza sull’inquinamento da PFAS e ha chiarito come le aziende produttrici di PFAS fossero a conoscenza fin dagli anni ’70 degli studi sugli effetti tossici di tali sostanze su animali ed esseri umani, ma li hanno tenuti nascosti e resi pubblici solo dopo il 2000. Ha dichiarato che “esiste una documentazione sostanziale che dimostra una chiara associazione tra esposizione a PFAS ed effetti avversi sulla salute umana nella popolazione generale, soprattutto a livelli elevati, come quelli osservati nella “zona rossa” del Veneto.
L’esperto ha definito queste sostanze come “il nuovo amianto”, in quanto non provocano danni acuti, ma a lungo termine. Il MpRC Piemonte si prefigge di colmare la carenza di consapevolezza del problema PFAS invitando i cittadini ad un ruolo attivo nei confronti delle rispettive amministrazioni, chiedendo loro controlli intensificati sulle acque potabili ed esami del sangue in massa ricordando che i sindaci rappresentano le massime autorità nel campo sanitario, potendo anche decidere interventi di chiusura degli acquedotti in caso di necessità, come successo nel comune alessandrino di Montecastello. Questa opera di sensibilizzazione della collettività sulla problematica relativa ai PFAS, il MpRC Piemonte intende realizzarla attraverso incontri pubblici nei territori del torinese con il supporto di esperti sia sul piano tecnico che scientifico, con la richiesta di bloccare le produzioni dei PFAS a fronte di soluzioni alternative oggi perseguibili nelle produzioni industriali.
